martedì 19 agosto 2014

                 

                        The enchanting Audrey

                                     Seconda parte




Dopo cinque anni che non lavorava in America, e senza alcuna voglia di tornarci dalle riprese di Sabrina, Audrey partì per Los Angeles con una decina di valige al seguito, stipate di suppellettili ed effetti personali della villa di Burgenstock, che avrebbero fatto della residenza californiana in cui lei e Mel avrebbero soggiornato, una vera e propria casa.
Ambientato nelle lussureggianti foreste venezuelane, Verdi dimore racconta la storia di Abel, giovane rifugiato politico, e del suo incontro con Rima, misteriosa adolescente dal fascino di uccello, che vive nella giungla pluviale sudamericana, lontana dagli altri esseri umani.



Incarnazione ideale dell'innocenza, Rima vive in comunione spirituale con l'habitat incantato e senza tempo che la avvolge, sottraendola all'amore umano e carnale, indegno della sua purezza, finché non incontra Abel...     


 
 
In quella foresta incantata, ricostruita all'interno del teatro 24 della MGM in California, un giovane Anthony Perkins affianca Audrey nel ruolo dell'intrepido avventuriero.
 


 
 
" Pensavo che fosse la creatura più squisita mai vista", avrebbe dichiarato Perkins in seguito, " ed essere diretto dal marito mi rendeva nervoso. Avrei preferito che non avesse un marito...
C'erano molti baci e contatti fisici in questo film, l'atmosfera era carica di sensualità, con la giungla, gli animali e una sensazione di colore che non avrei voluto un marito a sciupare tutto!".
Ma Mel, in veste di regista e marito, è ovunque...
E, dietro alla macchina da presa, ha l'aria molto soddisfatta.  
 
 
 

 
"Per la prima volta non ho provato alcuna timidezza", avrebbe raccontato Audrey dopo le riprese, " le scene d'amore mi sono sempre sembrate imbarazzanti, ma con Mel a dirigerci si è svolto tutto con naturalezza. Ho scoperto che essere diretta da mio marito è per me una cosa naturale, come lavarmi i denti..." 

 

 

" Se miss Hepburn non accetta di cambiare marito o regista, cambi almeno marca di dentifricio" è il laconico commento della critica, inebetita dopo la visione del film. 
"Nel fiasco di Ferrer dà l'impressione di soffrire di un' overdose di clorofilla... La terrificante patina verde dell'insieme fà pensare che il film sia stato girato in un'orticello di prezzemolo in decomposizione..."     


 

 


 


Soltanto il New York Times, distaccandosi dal coro di critiche, elogia Mel per aver affidato il ruolo di Rima ad Audrey, " senza la cui presenza eterea che si materializza nelle foreste del Venezuela, questo film sarebbe decisamente insipido..."

 

 
E non è soltanto la luminosa presenza di Audrey a salvare un film unanimemente decretato come un insuccesso, ma anche il delicato zampettare di un collega molto speciale, un cerbiatto soprannominato Ip che accompagna Rima nella foresta primordiale, in quell'ambientazione degna dell'arca di Noè...
 


 
 "Quando quel tenero animale arrivò sul set, con i suoi occhioni umidi, il corpo morbido e slanciato e le lunghe zampe affusolate, tutti si misero a ridere, assomigliava troppo ad Audrey...", ha ricordato un assistente di produzione. " Vedendolo, lei cominciò a protestare perché lo avevano separato dalla madre, poi lo portò a casa. Il suo grande amore per gli animali e il desiderio insoddisfatto di maternità, vinsero rapidamente ogni resistenza..."
Da quel momento Audrey e Ip diventano inseparabili, suscitando le ire dell'assai contrariato 
Mr. Famous...

 
 



Quello che sembra un piccolo dettaglio, è l'espediente con cui la produzione tenta di rendere interessante un film che si preannuncia come un insuccesso, tanto che la fuga temporanea dell'inconsapevole protagonista dal giardino dei Ferrer, getta
 l'intera troupe nello sconforto...


 
 
Verdi dimore, dopo le stroncature della critica, si conferma un disastro anche al box office.
Il successo di La storia di una suora, con sei nomination all'Oscar, che imprime una svolta
importante per la carriera Audrey, ha l'effetto di creare un allontanamento tra lei da Mel anche nella vita privata.
Dopo il fallimento di Verdi dimore, non avrebbero piu' lavorato l'uno accanto all'altra.
"Ci sono alcune parti che mi piacciono. Secondo me non e' un completo insuccesso" è il commento apparentemente distaccato di Mel sul film che avrebbe segnato la fine della loro unione professionale, e dietro a cui si cela il disappunto per essere stato eclissato dal trionfo della moglie star...



 La scoperta di essere nuovamente incinta nel dicembre dello stesso anno, il 1958, sembra rasserenare la loro unione, anche se quell'evento irrompe in modo inatteso nei progetti di Audrey per l'anno successivo, e che l'avrebbero tenuta sul set  per tutto il 1959.

 


 

A gennaio di quell'anno, infatti, sarebbero cominciate le riprese in Messico della pellicola diretta da Jhon Houston, The Unforgiven, uscito in Italia con il titolo Gli inesorabili, in cui Audrey interpreta il ruolo di una giovane indiana adottata da una famiglia di pionieri, accanto a Burt Lancaster in veste di protagonista.




La notizia della gravidanza viene tenuta segreta.
" Quando sono rimasta incinta, ho pensato che fosse la volontà di Dio, ma di comune accordo Mel e io abbiamo deciso che avrei dovuto fare il film lo stesso. Sarebbe stato uno stimolo per me, ero entusiasta di lavorare con Jhon Houston".


 

Ma quel film, girato nel deserto di Durango, mille chilometri a nord ovest da Città del Messico, comincia sotto pessimi auspici. Le riprese, difficilissime ed in condizioni estreme, sotto il sole sferzante e l'implacabile vento caldo del Messico, mettono a dura prova i nervi della troupe, alle prese con una sceneggiatura discontinua ed incoerente, e gli scontri continui tra i titani Burt Lancaster e Jhon Houston, con l'effetto di nuocere all'intero cast, lasciato agli umori del momento e senza un'autentico riferimento.

 



 
Audrey e Burt Lancaster giocano a golf in un campo improvvisato sul set di The Unforgiven

 

Per quanto non incline ad aiutare gli attori, Houston dimostra tuttavia di apprezzare le doti e il talento di Audrey.

" E' brava quanto l'altra Hepburn", dice di lei alludendo a Katherine Hepburn ne La regina d'Africa...


 


 







 

In sella ad uno stallone bianco chiamato Diabolo, il 28 gennaio Audrey, che non montava a cavallo dalle riprese di Guerra e Pace, comincia a girare una delle scene più impegnative del film, cavalcare fino alla cinepresa e smontare. Dopo diverse prove riuscite senza intoppi, all'improvviso l'imprevisto irrompe, nell'intento di arrestare la corsa l'animale nel punto stabilito, un addetto della troupe gli si frappone davanti, agitando le mani per fermarlo.

 



Diabolo non gradisce, s'impenna, disarcionando Audrey, scaraventata in aria e crollata pericolosamente a terra.

Houston e Lancaster si precipitano verso di lei mentre la troupe
è in preda al panico, quattro costole rotte e una vertebra lussata la diagnosi dell'ospedale di Durango."Dato che l'avevo fatta salire a cavallo mi sentivo responsabile", è il racconto di Jhon Houston, " Il fatto che abbia avuto un insegnante eccellente e abbia scoperto di avere un'inclinazione naturale a cavalcare non cambiava niente. Quando il cavallo si è impennato e un imbecille ha pensato bene di alzare le braccia per calmarlo, la sua caduta si è abbattuta sulla mia coscienza"... 
Audrey manda un messaggio alla troupe alloggiata al Casa Blanca di Durango, " Cari amici, amici maravillosos, vi ringrazio con tutto il cuore. Per voi lo farò ancora!".


Anche se il bambino sembra in buona salute, Audrey viene rimpatriata a Beverly Hills e le riprese sospese. "Monterò di nuovo quel cavallo prima della fine del film", dichiara sfidando i giornalisti che l'aspettano all'aeroporto. 



Chi la va' a trovare mentre è a casa, nota sul comodino accanto al letto in cui trascorre le giornate distesa, una fotografia in prima linea davanti alle altre.
Quella di Diabolo...



Il 5 marzo, dopo aver viaggiato in treno distesa dalla California al Messico, riprende le riprese di
The Unforgiven. Quando non lavora sul set, deve stare allettata e indossare un apparecchio.
Monta di nuovo Diabolo, nella scena che Houston gira l'ultimo giorno delle riprese, tra gli applausi della troupe.




Vent'anni più tardi, nel parlare di The Unforgiven, Houston lo descrive come " la cosa peggiore che abbiamo fatto. Di alcune mie pellicole non m'importa molto, ma Gli inesorabili proprio non mi piace. L'ho guardato in televisione una sera, e a metà ho dovuto spegnere. Non riuscivo a sopportarlo".
Anche la critica non è tenera, definendolo fiacco e pomposo, e non risparmiando nemmeno Audrey. "E' incoerente quasi quanto il pianoforte a coda", è il verdetto di un critico londinese.
" Troppo raffinata, fragile e civilizzata in un'universo rozzo e brutale", fa' eco il New York Times,       " ma  i cavalli sono energici...", l'ironico commento sul film. 
Terminate le riprese in Messico, Audrey si ritira in Svizzera ad attendere il lieto evento, rifiutando di prendere parte ad un progetto a cui aveva tanto desiderato partecipare, un film con Alfred Hitchock...



Dal novembre del '58, il maestro del brivido aveva cominciato a lavorare con Samuel Taylor, autore di Sabrina Fair, all'adattamento cinematografico del romanzo di Henry Cecil
No bail for the judge, Non giudicate il giudice, la storia di un magistrato londinese ingiustamente accusato di omicidio, che si salva grazie all'intervento dell'intrapredente figlia Elizabeth, intrufolatasi di nascosto nel mondo della prostituzione.
Dopo aver letto la prima stesura della sceneggiatura nel febbraio del '59, Audrey si era impegnata a prendere parte al film, la cui lavorazione sarebbe cominciata dopo l'estate, nel settembre dello stesso anno, a Londra.
Nella stesura definitiva, ricevuta a metà maggio, era stata aggiunta una scena che la turbò profondamente, il suo personaggio avrebbe dovuto essere quasi strangolato con una cravatta, e sapendo che Hitchcock non era incline a seguire i suggerimenti degli attori, si ritirò senza tentare una negoziazione con il regista, che annullò la produzione, e che da quel momento l'avrebbe avuta a morte con lei, descrivendola come l'unica responsabile del fallimento del progetto. 
 Ma il vero motivo per cui No bail for the judge non fece il suo ingresso nelle sale cinematografiche fu un altro...
In quel periodo, in Gran Bretagna era stata approvata una legge che prevedeva sanzioni severe per l'adescamento, e le autorità avevano informato la Paramount che non avrebbero autorizzato le riprese in esterni a Londra di sequenze del film ritenute troppo esplicite.
Questo fu il motivo per cui il progetto non vide la luce, ma il gran rifiuto di Audrey fu dipinto per molto tempo come l'unica ragione scatenante...
Nel frattempo, un altro doloroso avvenimento mette a dura prova la stabilità di Audrey, dopo tre mesi di gravidanza, presumibilmente a causa della caduta sul set di The Unforgiven, ha un altro aborto spontaneo. Sprofonda in uno stato di depressione, fuma in continuazione e arriva a pesare quaranta chili. " Credevo di essere cresciuta, di avere superato la depressione, ma tutto è precipitato quando il medico mi ha detto che avevo perso il bambino. Ero arrabbiata, ce l'avevo con Dio, con Mel, ero spaventosamente infelice. Avevo il cuore spezzato, e anche Mel. Per mesi ci siamo appena rivolti la parola. Mel si è fatto carico di tutto, e si è occupato anche di me. Credo che questo lo abbia aiutato a uscirne. Vedere che lui era piu' su di morale, ha risollevato il mio umore e mi ha aiutato a emergere dalla mia depressione".




Con il passare del tempo, riprende lentamente il gusto di vivere, prende parte alla prima londinese di La storia di una suora, incontra suo padre a Dublino, e compare su Harper's Bazaar in un servizio fotografico di Richard Avedon a Parigi.
 



Nell'estate del '59 le viene proposto di girare uno dei kolossal della storia del cinema, Cleopatra, ruolo che viene sottoposto anche ad Elizabeth Taylor. In quel momento, queste due donne così diverse, ma accomunate da un fascino magnetico, sono le attrici piu' pagate del mondo. 




 

La Paramount rifiuta di svincolare Audrey, Elizabeth dà vita ad una Cleopatra immortale.



Si lascia sfuggire anche il ruolo di Maria in West side story, e Il cardinale di Otto Preminger, in cui compare la sfortunata Romy Schneider.
Sembra apprezzare la pausa dagli impegni cinematografici, prolungata su consiglio dei medici, e finalmente, dopo sette mesi dall'aborto, Audrey è di nuovo incinta...

A Ciampino...
 
" Non ne ho parlato con nessuno, tranne che con Mel. Ho persino provato a non pensarci, avevo paura che mi avessero gettato il malocchio. Ho fatto un patto con Dio, delle promesse insensate che sapevo di non poter mantenere. Avrei fatto qualsiasi cosa per avere questo bambino..."
Durante le vacanze romane con Mel...


Audrey e Mel a Roma


Audrey con Mel e Mr. Famous ai Musei Capitolini, copyright Elio Sorci
 

Segue Mel a Roma, che stà girando Il sangue e la rosa diretto da Roger Vadim, e a Parigi, in cui ritrova la joie de vivre degli esordi. 
Di ritorno in Svizzera dopo una vacanza a Nizza...
 

 
 a Nizza...
 
 

 
Ad Antibes, aspettando Sean...


 
"Sapete, Mel mi ha sempre considerata una piccola parigina a causa di Gigi e Sabrina, e ne vado fiera", scherza con i giornalisti che accorrono ad ogni sua apparizione nella Ville Lumiere, " anche voi, no?".
Poi torna in Svizzera, in un isolamento quasi totale." Non c'è attimo in cui non pensi al bambino. Sono come una reclusa che conta le ore..."





Il 17 luglio 1960, nella clinica ostetrica di Lucerna, nasce Sean Hepburn Ferrer.

 
 
 



" Ero talmente presa dalla gioia di dare la vita che tutto mi è sembrato perfetto", avrebbe ricordato Audrey di quel giorno, " ricordo di aver sentito molti applausi, mi hanno detto che mentre partorivo c'era una tempesta tremenda, ma io avevo l'impressione che tutti applaudissero la mia performance".
" Persino quando ero piccola, quello che desideravo di piu' era avere un figlio, e volevo molti bambini, è stata una costante nella mia vita. Sono sicura che è fantastico averne quando hai diciotto anni, ma se hai aspettato per anni,   
la gioia è impossibile da descrivere".



 


" Gli aborti spontanei sono stati per me più dolorosi di qualsiasi cosa, persino del divorzio dei miei genitori e della scomparsa di mio padre.
Da quando ho avuto Sean mi sono aggrappata al matrimonio per lui, e sempre piu' ho sofferto quando dovevo separarmi da lui per lavoro.
Quella è sempre stata la vera Audrey. I film erano soltanto delle belle
favole". 



 
 
Con indosso una veste battesimale firmata Givenchy, Sean viene battezzato nella piccola cappella in cui si erano sposati i suoi genitori, dallo stesso pastore che aveva celebrato il matrimonio.
Riceve due regali dall'ambasciatore americano in Svizzera, un passaporto e la bandiera degli Stati Uniti.
 


 



 

"Mi piacerebbe far incontrare a Sean le persone di tutti i paesi, perché impari di cosa è fatto il mondo. Se diverrà una persona degna, contribuirà in piccola parte a rendere il mondo migliore di come è".

 


 

 


 

"Come tutte le madri, all'inizio non riuscivo a credere che fosse davvero tutto per me e che potessi tenermelo. La sua esistenza mi meraviglia, come il fatto di poter uscire e al ritorno accorgermi che è sempre lì".

 

 

 

"Potrebbe sembrare sciocco, ma mi sono data molto da fare perché l'arrivo di Sean non sia un affronto all'amor proprio di Famous..."  

 


 

Passa l'estate Burgenstock, con la tata italiana consigliatale da Sophia Loren, e non ha alcuna voglia di lasciare il suo paradiso incantato per tornare sul set.

Presa dalla gioia della tanto attesa maternità', ancora non sa che qualcosa di splendidamente travolgente sta' per abbattersi su di lei, facendone l'icona del XX secolo, un incantevole ed indimenticabile ciclone chiamato

Colazione da Tiffany...



"Se trovassi un posto a questo mondo che mi facesse sentire come da Tiffany, comprerei i mobili e darei al gatto un nome! Tiffany... è una meraviglia, vero? capisci cosa intendo quando dico che niente di brutto puo' accaderti qui? e non è per i gioielli, che a me non piacciono...
A parte i diamanti, s'intende..."


 


 
 
 
Ispirato al romanzo omonimo nato dalla caustica penna di Truman Capote, Colazione da Tiffany racconta la storia di Holly Golightly, una ragazza "di passaggio", come recita il nome sul campanello perennemente rotto, sofisticata, eccentrica e strampalata quanto basta per vivere da single, con un gatto senza nome come unico amico, sullo sfondo di una New York romantica e malinconica, capace di stregare chiunque si avventuri per le sue strade in cerca di un sogno...
 
 









 
Ribelle, anticonformista e un "po' matta", come ama definirsi, Holly non appartiene a nessuno, frequenta l'alta società, passa dai party alle frequentazioni con artisti e il malavitoso Sally Tomato, che ogni giovedì nel parlatorio di Sing Sing le comunica indecifrabili previsioni del tempo, con la stessa disinvoltura con cui "fa la toeletta", ed ha un sogno soltanto, trovare un posto nel mondo che la faccia sentire come da Tiffany, dove "niente di veramente brutto puo' accaderti", sposando possibilmente un milionario.
 


 
Ma il destino è in agguato, e l'incontro con Paul, scrittore in crisi d'ispirazione che si fa mantenere da una matura signora benestante, e che le fa scoprire la magia di New York di giorno, sconvolgerà i suoi piani, portando finalmente nella vita di entrambi quell'amore da cui aveva tentato invano di fuggire...
 


 

"Io e il mio gatto siamo due randagi senza nome, non apparteniamo a nessuno e a cui nessuno appartiene, ecco qual e' la verita'..."  
 


 


 
" Vuoi sapere qual è la verità sul tuo conto?", le chiede Paul in una delle scene del film di maggiore tensione, " Sei una fifona, non hai un briciolo di coraggio, neanche quello semplice e istintivo di riconoscere che a questo mondo ci si innamora, che si deve appartenere a qualcuno, perché questo è il solo modo per essere felici. Ti consideri uno spirito libero, un essere selvaggio, e temi che qualcuno voglia rinchiuderti in gabbia, ma sai che ti dico? che la gabbia te la sei già costruita con le tue stesse mani, ed è una gabbia dalla quale non uscirai, in qualunque parte del mondo cerchi di fuggire, perché non importa dove tu corra, finirai sempre per imbatterti in te stessa..."
 
"Vuoi passarmi la borsetta, tesoro? Lettere come questa non si possono leggere senza rossetto..."

 
 
Maschiaccio eppure teneramente ingenua, ragazza della porta accanto e sofisticata ammaliatrice al tempo stesso, complicata e leggera, incantevole e folle, sofferta e brillante, ambigua e sognatrice, Holly Golightly seduce il pubblico di tutti i tempi mentre mangia un croissant all'alba, passeggiando davanti a Tiffany's sulla Quinta Strada, e lo fa nei panni di una donna unica ed inimitabile, che in questo ruolo ha dato una delle interpretazioni piu' incisive ed indimenticabili del ventesimo secolo,
Audrey Hepburn...
 
 


 
 
Ma la storia descritta nel libro di Capote era assai diversa, è la storia di una ragazza che si chiama Lulamae Barnes, che ha lasciato un marito in Texas, e vive senza amore per necessita' professionale, guadagnandosi da vivere come squillo di lusso.
"Il libro era davvero alquanto amaro", avrebbe ricordato Capote, " Holly era una persona vera, una dura, non come Audrey Hepburn... La mia scelta per quel ruolo era Marilyn Monroe, sarebbe stata perfetta per quella parte, Holly doveva avere un che di patetico, qualcosa di incompleto, e Marilyn ce l'aveva. Ma la Paramount mi ingannò, facendo il doppio gioco, e diedero la parte ad Audrey Hepburn". 
 


 
In realta', lo stesso Capote aveva ceduto per intero i diritti del libro firmando un contratto di sessantacinquemila dollari con Marty Jurow, uno dei produttori, e rinunciando a qualsiasi diritto sull'adattamento e sulla produzione del film. Marilyn non entrò mai in gioco, quantomeno non ufficialmente, leggenda vuole che abbia rifiutato la parte su consiglio della sua insegnante di recitazione, Paula Strasberg, ma Sheperd, socio di Jurow, la racconta diversamente.
"Entrambi sapevamo che a Marilyn sarebbe piaciuto interpretare Holly, ma non eravamo convinti che fosse adatta per la parte. Siccome ero stato suo agente, dovetti informarla che avremmo preso un'altra al posto suo. Fu senza dubbio una delle telefonate piu' difficili della mia carriera, ma lei la prese bene. Mi disse "Ok", e non toccammo piu' il discorso".
Nonostante il disappunto di Capote, alquanto contrariato dal fatto che la sua indomabile ed irrequieta protagonista fosse stata trasformata nell'ingenua innamorata di New York entrata nella storia del cinema, la descrizione che fa di Holly Golightly nelle prime pagine del suo romanzo sembra incredibilmente corrispondere proprio ad Audrey...
"Nonostante la sua elegante snellezza, aveva l'aria di chi vive di latte e di burro e si lava con l'acqua e il sapone. Aveva le guance d'un rosa acceso, la bocca grande, il naso all'insu'. Aveva un viso che, pur avendo superato la fanciullezza, non era ancora quello di una donna. Pensai che poteva avere qualsiasi eta' tra i sedici e i trenta".
Ma convincerla ad accettare la parte non fu facile, e Marty Jurow lo sapeva. Gliene aveva parlato mentre si trovava nel sud della Francia, in attesa della nascita di Sean, e Audrey aveva rifiutato, dicendo che voleva ritirarsi dalle scene per dedicarsi al bambino. 
Il retroscena era un'altro, " la riluttanza di Audrey ad accettare quel ruolo era radicata nella convinzione di Mel che non dovesse accettare quella parte", ha dichiarato Robert Wolders, suo ultimo compagno. "Prima che l'uno o l'altra leggessero il copione, quando Colazione da Tiffany era ancora soltanto un romanzo, lui era già in apprensione all'idea che la moglie interpretasse una squillo, soprattutto dopo aver saputo che per quel ruolo era stata presa in considerazione Marilyn. Lo riteneva controproducente per l'immagine di Audrey".
" Avevo letto il romanzo e mi era piaciuto molto", sono le parole della stessa Audrey, " ma temevo di non essere adatta per quella parte. Pensavo mi mancasse il carattere giusto per una commedia del genere. Quel ruolo richiedeva un personaggio estroverso, io sono un'introversa... ma tutti mi spingevano a farlo, e cosi' l'ho fatto. Ho patito per tutto il tempo. Spesso, mentre recitavo, ero convinta di non lavorare bene..."
 



 


 
 
"Quello che è certo, è che avevo sbagliato nel classificarlo. Pensavo che fosse un verme, invece è un super verme, ecco... Un super verme sotto le spoglie di verme.
 


 
Io, signori, negli ultimi due mesi sono stata invitata a cena da ventisei vermi diversi...",


 
cinguetta Holly con quell'aria ingenua di cui è impossibile non innamorarsi, ma il personaggio che compare sullo schermo, per quanto indipendente, eccentrico e straordinariamente moderno per l'epoca, prende vita da un lungo lavoro di limatura che lo snatura completamente da quello originale, concepito dal genio di Capote.  
"Il copione è magnifico", sussurra Audrey a Jurow, " ma una prostituta non posso proprio farla".
"La nostra non sarà la storia di una prostituta", le risponde sornione l'ex avvocato nato a Brooklyn, veterano dello show business, dopo anni passati negli studi newyorkesi a patrocinare gente dello spettacolo. "La nostra sara' la storia di una sognatrice...", aggiunge, pregustando i titoli a caratteri cubitali che inneggiano ad un nome, Holly Golightly...
 

 
Cogliendo, inevitabilmente, nel segno.
E fu cosi' che la squillo di Capote si trasforma per incanto nella romantica pazzerella di Colazione da Tiffany...
 
 
 
Dopo la nascita di Sean, Audrey era indecisa, voleva e non voleva lavorare. Da un lato non voleva correre rischi, ma allo stesso tempo desiderava sperimentare qualcosa di nuovo, un ruolo piu' sofisticato, piu' maturo. L'estrosa Holly, riveduta e corretta dopo la sagace rivisitazione dello sceneggiatore George Axelrod, gia' autore di Fermata d'autobus e Quando la moglie è in vacanza, sembra essere  l'occasione perfetta.
"Ho pensato che potevo calarmi in questo ruolo. Una vera rivoluzione per me. Dopo tanti film, non avevo piu' l'impressione di essere un'attrice dilettante, sapevo che avrei sempre avuto qualcosa da imparare, ma in fondo ero consapevole di poter dare qualcosa di mio. Quella parte sarebbe stata una sfida, ma volevo mettermi alla prova."  
 


 
" Ogni volta che comincio un film, mi sembra di morire. Ho lo stomaco sottosopra, mi sudano le mani. Soffro davvero. Fisicamente. Non ero tagliata per questo mestiere..."
Quando arriva a New York con Mel nell'ottobre 1960, per cominciare le riprese, è piuttosto nervosa.
Ma la presenza di Blake Edwards, regista del film, ha l'effetto di rassicurarla. Per quanto non ancora noto come regista di alto livello, all'epoca aveva appena concluso Operazione sottoveste con Cary Grant, e creato la serie tv Peter Gunn, divenuta uno straordinario cult, Blake Edwards aveva una personalita' completamente nuova, un'approccio innovativo, ed uno stile del tutto personale, capace di ricreare quell'atmosfera jazz che Jurow e Sheperd volevano per Colazione da Tiffany.  
 
 
 
Audrey, perennemente insicura, e che avrebbe preferito un regista con piu' esperienza, si senti' a suo agio con Blakie, cosi' soprannominato per il suo umorismo nero, tanto da farsi guidare dal suo intuito scanzonato e con un tocco di improvvisazione. Lavorare con Edwards le fa scoprire il proprio stile, e la sicurezza per farne uso. " Non dispongo di una tecnica per interpretare ruoli per cui non sono portata, devo affidarmi esclusivamente all'istinto", avrebbe dichiarato, e, ricordando Colazione da Tiffany, aggiunge che " e' stato Blake Edwards a convincermi a diventare Holly Golightly... Come regista, lui si'  che era una scelta perfetta, e scoprìi che il suo approccio si basava, come il mio, sulla spontaneità".
 



Sul set di Colazione da Tiffany, Audrey impara a diventare autosufficiente.
Ma Blake ebbe un'altra grande intuizione, capendo che, a fondo dell'insicurezza di Audrey, c'era un motivo apparentemente insospettabile, che a tutti, o quasi, sfuggiva, e quel motivo era Mel Ferrer...
Dopo essersi accorto che Audrey, da quando avevano cominciato a girare gli interni a Los Angeles, cambiava inspiegabilmente idea su quanto lei e Blake avevano provato la sera prima per girarlo la mattina seguente, mentre durante le riprese in esterna a New York si intendevano meravigliosamente, intuì che la vicinanza con Mel avrebbe potuto rivelarsi assai pericolosa per la riuscita del film.
Sul set, in molti si erano accorti dell'atteggiamento contraddittorio di Mel nei confronti della moglie. Se da un lato si mostrava come un marito presente ed affettuoso, non aveva alcuno scrupolo nel criticarla apertamente, davanti a chiunque, Jurow compreso, dando l'impressione di provare soddisfazione nel fare commenti sprezzanti su di lei di fronte ad altri.
 
 
 
"Era molto subdolo con lei, mi spiego?", ha ricordato Patricia Neal, che nel film interpreta il ruolo della ricca arredatrice newyorkese che mantiene Paul. " Esigeva un'obbedienza assoluta, e lei obbediva eccome. Avevo una scena soltanto con Audrey, ma lei si dimostro' molto amichevole e una sera c'invitarono a cena, dopo le riprese. Non ho mai cenato tanto rapidamente in vita mia. Mi sembra che quando tornai a casa, fosse ancora giorno... Lei aveva il coprifuoco, e lui non transigeva." Edwards comprese che per colmare il divario tra la percezione che Audrey aveva di sé stessa e quello che realmente era, avrebbe dovuto affidarsi a lui soltanto, senza influenze esterne, oppure cercarsi un altro regista.
Audrey capi' al volo, e da quel momento l'intesa tra lei e il regista  fu straordinaria.
Ogni ciak era unico.
 

 
Blake Edwards aveva colto nel segno nel capire che l'insicurezza di Audrey dipendeva da un profondo bisogno d'affetto inespresso ed inascoltato, rimasto a lungo senza uno sbocco reale.
"Non so se i suoi uomini condizionarono la sua carriera", avrebbe detto Blake molti anni dopo, " ma sono abbastanza sicuro che condizionarono la sua vita privata.
Non credo che sia stata felice quanto avrebbe potuto esserlo".
La sintonia al primo sguardo tra il regista e Audrey fu talmente evidente da far sospettare che il loro rapporto avesse travalicato l'aspetto professionale per trasformarsi in qualcosa di diverso, ma Robert Wolders ha negato che il matrimonio con Mel abbia subito scosse durante la lavorazione di Colazione da Tiffany.
E Blake Edwards, interrogato esplicitamente sull'argomento, ha sardonicamente risposto
"A quei tempi ci innamorammo tutti di Audrey..."
 

 
 
Chi di sicuro non s'innamorò di lei, soprannominandola "la monaca allegra", fu il suo partner sulla scena nei panni di Paul, George Peppard, il cui sarcasmo Audrey ricambiava cordialmente, ritenendolo antipatico e snob.
 


 
"Audrey aveva una parola buona per chiunque sul pianeta", avrebbe ricordato Sheperd, " tranne che per George Peppard. Lo considerava pomposo".

 
 
E non si puo' negare che fosse in buona compagnia, dato che pressoché nessuno sul set era in grado di tollerare il suo atteggiamento arrogante e spavaldo. Mentre Audrey si sforzava di compiacere, George voleva emergere, lei accettava consigli, lui opponeva resistenza, in nome del metodo "alla Stanislavskij". Nel giro di breve tempo, chiunque del cast avesse a che fare con lui, regista e Jurow compreso, che nutriva rancore nei suoi confronti per la sua innegabile prosopopea, cominciò a trovarlo invariabilmente insopportabile. Ma nessuno gliel'aveva giurata quanto Patricia Neal...
"Mi era capitato di recitare con George all'Actors Studio", raccontò, " ci eravamo divertiti, e io lo adoravo, ma anni dopo, quando lo incontrai sul set di Colazione da Tiffany, lo trovai cambiato. Quando mi dissero che avremmo lavorato insieme fui entusiasta, ma non impiegai molto a capire che dall'ultima volta che l'avevo visto era diventato freddo e pieno di sé ".
Dal canto suo Blake Edwards, che aveva visto giusto sin da principio, tanto da mettersi in ginocchio sul marciapiede davanti ai produttori implorandoli di non scritturarlo, e che aveva individuato  il protagonista ideale in Tony Curtis, scartato per il veto opposto dall'onnipotente Mel, sapeva come gestirlo.

 
 


" In un'occasione, Blake e George arrivarono quasi alle mani", racconta ancora Patricia Neal,
" stavamo cercando di stabilire le posizioni di una scena, e George si opponeva a tutto cio' che Blake aveva deciso, e si impunto' tanto che Blake lo prese quasi a pugni. Io li separai, ma credo che alla fine George l'abbia spuntata. Ho cominciato ad odiarlo da allora..."
Ma l'umorismo e l'infallibile intuito di Blake Edwards l'ebbero vinta ancora una volta.
" George mi era simpatico", confesso' anni dopo. " Era un attore talmente scarso, e al fondo un uomo molto vulnerabile. Io non gli davo tregua nel prenderlo in giro per i suoi trascorsi da Marine e tutto il resto. E lui si sforzava di rispondere a tono, ma gli mancava l'arguzia. Anche per questo l'ho sempre considerato un attore scadentissimo..." 
"Penso che il problema di George fosse che era arrivato sul set convinto che tutti dovessero considerarlo strepitoso", aggiunge Patricia Neal. " Dimostro' subito una totale incapacita' di rapportarsi alle persone. Aveva un carattere difficile, e non sempre dava l'impressione di impegnarsi, o di prendere in considerazione le opinioni altrui. Non era simpatico nemmeno a Roald - lo scrittore Roald Dahl, marito di Patricia, e amico di Blake Edwards -."
"Adoravo Blake," continua Patricia, " avevamo un'intesa splendida, lui aveva un fantastico senso dell'umorismo. Era un uomo fantastico, delizioso, divertente, spassoso, e per giunta
un magnifico regista..."
Al contrario di George Peppard, Audrey era spontaneamente adorabile.





 " Tutti amavano Audrey", ha ricordato Miriam Nelson, la coreografa di Blake Edwards che aveva lavorato con lui in altre pellicole, e che venne convocata sul set di Colazione da Tiffany per la famosa scena del party di Holly.
"Era talmente dolce, umile, e gentile con chiunque. Ci sono star che tra una ripresa e l'altra si chiudono in camerino, ma lei non faceva cosi'. Ricordo che, mentre sistemavano le luci, un gruppo di noi le si era radunato intorno, e lei ci racconto' dei bombardamenti, a Londra. Ci disse anche che sua madre le imponeva di portare sempre con sé un paio di guanti bianchi di scorta, se quelli che indossava si fossero macchiati. E' un dettaglio che mi e' rimasto impresso". 
 
 
 
 
 
 
"Tutto cio' che avete letto, sentito o desiderato fosse vero a proposito di Audrey Hepburn", ha dichiarato Richard Sheperd, uno dei produttori, " non arriva neanche lontanamente a descrivere quant'era meravigliosa in realta'. Non esiste al mondo un essere umano piu' gentile, piu' garbato, piu' affettuoso, piu' generoso, piu' brillante e piu' modesto di Audrey. Era una persona semplicemente straordinaria, davvero.
Tutti dovrebbero saperlo".




 
E' l'alba del 2 ottobre 1960, e il sole non e' ancora sorto su una New York romantica e  addormentata.
Un taxi accosta sul marciapiede della Fifth Avenue. Ne esce una figuretta estremamente slanciata ed incredibilmente magra, avvolta in un abito nero firmato Givenchy, si avvicina lentamente al 727 della Quinta, all'altezza della 57th Street, e mangiando croissant mentre sorseggia caffè da un bicchiere di carta, stretto nella mano guantata di satin, davanti alla gioielleria piu' famosa del mondo,  
entra definitivamente nella leggenda...
 
 
 
Per la cronaca, Audrey detestava le brioche, e avrebbe voluto mangiare un cono gelato, ma il regista fu irremovibile.
A pochi metri da lei, Blake Edwards la osserva, stringendosi nella giacca di velluto con il bavero rialzato.
"Quando cominciammo a girare", ha ricordato, " è stato come se Dio avesse detto "Eccovi un colpo di fortuna, ma dovrete farvelo bastare per il resto della vostra carriera...", e non comparve nessuno, né auto, né persone. Improvvisamente era tutto deserto..." 
 
 
 
 
La tensione è palpabile, alle sette e trenta in punto Nikita Krusciov, in visita ufficiale, sarebbe comparso sulla Quinta Strada, e per quell'ora dovevano aver finito le riprese.
Una piccola folla di curiosi comincia ad assieparsi ai lati del marciapiede, tenuta a bada dagli assistenti di produzione, che dirigono gli astanti come fossero attori, regolandone i movimenti ed imponendo il silenzio.
 
 
Quando il sole sorge, Audrey ha assolto il suo compito, creare un'icona senza tempo. 
    
 

Indossando l'austero e fascinoso abito nero, trasformato da vestito destinato al lutto in mise iconica e seducente da un ventiseienne e rivoluzionario Hubert de Givenchy, Audrey entra nella gioielleria per un servizio fotografico con la celeberrima collana Schulmberger, al cui centro brilla il diamante color canarino di Tiffany, 128,54 carati per il diamante giallo all'epoca piu' grande del mondo.
Dopo mesi di trattative, Walter Hoving, puntigliosissimo direttore di Tiffany & Co, aveva dato l'autorizzazione a girare all'interno della gioielleria, per la prima volta in assoluto, ma Audrey avrebbe dovuto posare per un servizio promozionale. 
 
 
 
Circondata da tecnici, cavi, e funzionari impettiti, dopo ore di preparazione e riprese, verso le otto del mattino Audrey deve sfoderare il sorriso migliore, e apparire semplicemente splendida.   
 
Aggiungi didascalia
Nel frattempo, la tensione continua a salire in attesa della scena successiva, quella in cui Holly e Paul passeggiano all'interno di Tiffany.
 
 
 
Sfinita dalla stanchezza, Audrey accelera in prova il ritmo del dialogo, Blake intuisce che bisogna cominciare a girare cogliendola nell'istante in cui si immedesima, individuando quel picco.
"E' una meraviglia, vero?...", comincia Audrey, sforzandosi di apparire a suo agio nel luogo che Holly ha scelto come centro del mondo, quando un grido fuori campo interrompe la scena...
Franz Planer, direttore della fotografia, all'epoca un'autorita' nota a livello mondiale in fatto di luci, e a cui si deve la combinazione tra il documentaristico e lo stilizzato in proporzioni sfumate, velate, delle sequenze di apertura davanti a Tiffany, era steso sul pavimento dopo aver preso una scossa da 220 volt da un cavo staccato.
Ne esce illeso, ma l'effetto e' quello di innalzare il livello di stress - e dell'emicrania di Blake Edwards- dell'intera troupe.
Audrey si accende una sigaretta, un supervisore ai costumi le spazzola il cappotto arancione, un'addetta al trucco le rinfresca il fard.
"La vostra attenzione, prego", annuncia l'assistente alla regia, " si ricomincia da capo.
Tutti ai vostri posti per favore..." Audrey si alza dalla sedia, inseguita dalla ragazza del trucco...
"...azione!"
Audrey e George cominciano a camminare.
"E' una meraviglia, vero? capisci cosa intendo quando dico che niente di brutto puo' accaderti..." 
                                                                                                         
                                          
Oddio, e' anche vero che i diamanti prima dei quaranta fanno cafona... 
 
"Stop! da capo, un'altra volta per favore!"
Dopo piu' di dieci ciak, Blake Edwards aveva ottenuto quello che voleva.
A quel punto, arrivano i giornalisti...
"E' vero che nel copione abbiamo lasciato qualche ambiguita' in merito al sesso", comincia Audrey, che da prima dell'alba non ha ancora avuto un istante di respiro, " molte persone considerano Holly una sciacquetta, mentre in realta' la sua è soltanto una recita, per scandalizzare. Inoltre, io conosco benissimo Truman Capote, e molto di cio' che e' bello e delicato nella sua scrittura consiste proprio nella sua evasivita'. "
 
 
 
 
" Con il cast giusto, e un copione fantastico, strepitoso come questo", dichiara Edwards al New York Times, " io non devo fare altro che presentarmi sul set e lasciare che tutto accada in modo naturale.
Axelrod ha seguito il romanzo, ma ha aggiunto un intrigo, una storia d'amore, a fini commerciali, non nel senso dei soldi, ma dell'approvazione da parte del pubblico.
E persino Capote e' soddisfatto della sceneggiatura, ha detto al produttore di non esagerare con quel bocchino per non somigliare troppo a Zia Mame, ma secondo lui abbiamo colto in pieno Holly, ed e' questa la cosa che conta".
In realta', Truman non era affatto contento della sceneggiatura, e sul set non si fece mai vedere, ma su questo Blake penso' di sorvolare... 
Dopo la pausa pranzo, e' il momento della scena a Park Avenue, in cui Holly, seduta sulla fontana sotto al Seagram Building, guarda la citta', e dice a Paul di voler lasciare New York per inseguire il matrimonio con il facoltoso brasiliano José da Silva.   
 
Smetterei persino di fumare se Jose' me lo chiedesse... Non che rappresenti il mio ideale, s'intende, troppo contegnoso, troppo cauto per esserlo. Potendo scegliere liberamente, non avrei scelto Josè, Nehru, forse, o Albert Schweitzer, o Leonard Bernstein...
 
 
Il sogno del vero amore sembra infrangersi, ma non andra' cosi'...
La folla circonda il set per seguire le riprese,  
 la giornata e' splendida. 
 
 
 
" La scena stava andando alla grande", racconta Sheperd, " e verso le due e mezzo circa Blake dice "Ecco fatto! Per oggi abbiamo finito".
 
 
 
Io mi opposi, all'epoca ero giovane, e volevo diventare un eroe per la Paramount, e gli dissi di continuare a girare, " Abbiamo ancora tutto il giorno!".
Blake si offese ad essere contraddetto da un produttore davanti alla troupe.
Piu' tardi, in albergo, chiese di vedermi. Chiamai il servizio in camera e ordinai un caffè.
" Dick", mi disse, " io so quando un attore ne ha avuto abbastanza per la giornata. Stavamo girando dalle tre del mattino!".
Mentre parlava io ascoltavo e versavo il caffè, e tutto d'un tratto Blake comincio' a ridere. Non capìi cosa ci fosse da ridere finche' abbassai lo sguardo e mi accorsi di avere versato l'intera caraffa direttamente sul tavolo..."
La settimana successiva trascorre a girare on location in tutta Manhattan, negli stessi luoghi rievocati da Truman Capote. Dagli esterni della casa di Holly, la mitica palazzina al 169 Est della Settantunesima, tra la Terza e Lexington Avenue, nel cuore dell'Upper East Side, all'esterno della casa Circondariale del Greenwich Village sulla Decima, Central Park, la monumentale Public Library tra la 42nd e la Fifth Avenue, e una sequenza di inquadrature mozzafiato che costituiranno  la famosa scena delle Cose che non abbiamo mai fatto...        
 
"Ho una fantastica idea! Perché non passiamo la giornata a fare cose mai fatte prima? Sarebbe divertente! ci sarà qualcosa che non hai mai fatto... e in quanto a me è difficile, ma possiamo trovarne qualcuna..." 




 






 





A questo punto, le riprese proseguono a Los Angeles, negli interni ricostruiti negli Studios della Paramount.
 
 
 





 
 
 
Audrey arriva con trentasei colli di bagaglio, insieme a Mel e al piccolo Sean, buttandosi a capofitto nel lavoro a maglia durante le pause dalle riprese sul set.   
                     
    
   
      


 
Quando non stava recitando, la si trovava nella sua piccola roulotte sopraelevata, da cui seguiva le riprese ad un metro da terra.
"Quando andavo a parlarle, lei stava sulla soglia, e io ero lì, ai suoi piedi", ha raccontato Kip King, uno dei cabarettisti ingaggiati da Blake Edwards per la scena del party. " Lei sorrideva, era sempre molto gentile. Se fosse stata Biancaneve, io sarei stato uno dei nanetti, mi spiego?
C'erano i comuni mortali, e poi c'era Audrey Hepburn..."
 

 
 
Anche Joyce Meadows, che nella famosa scena viene pizzicata da Paul/George Peppard mentre ancheggia in abito bianco, stava spesso a chiaccherare con Audrey sotto la sua roulotte.
"Quando Blake urlava Stop!, il secondo assistente alla regia raggiungeva la scaletta e gridava
   "Audrey, vieni giù! la prossima scena è tua!" e lei rispondeva "Ooh, hai ragione! adesso tocca a me, vero? e raggiungeva la mischia...                                                             
                          


 
Audrey non si dava affatto arie da star, non si faceva chiamare Miss Hepburn, e anche Blake era un tesoro. Terminate le riprese, quando ebbi finito la mia parte, mi incamminai verso l'uscita del teatro di posa, e Blake mi corse dietro, chiamandomi per nome, 
"Joyce Meadows!". Io mi voltai. "Grazie per aver reso magnifica questa festa". Io risposi "Grazie a lei, signore". Rimasi sorpresa che sapesse come mi chiamavo..." 
 
 
 
Imperdibile sequenza di gag e colpi di scena, il drink delle sei di Holly Golightly e' interamente espressione della fantasia di Blake Edwards, ispirato agli slapstick del cinema muto, in cui sorprese, trovate e stunt si susseguono a ritmo incessante in uno strabiliante artificio di comicita' e umorismo.
Il copione di Axelrod di per se' parlava di un party generico, " sul set fu necessario improvvisare, e io mi divertìi un mondo", ha ricordato Blake. " Convinsi l'ufficio casting della produzione ad assumere degli attori, anziché comparse, volevo essere sicuro che chiunque sapesse interpretare gli sketch che avrei assegnato, e non fu facile farlo, con ingaggi a 125 dollari al giorno, quando le comparse costavano molto meno. Ordinai champagne, e facemmo una festa. Li radunai e dissi loro
" Dovete aiutarmi. Provate a farvi venire in mente qualcosa.
Inventatevi qualcosa,   
e fatelo..." 
 
 
 
 

 
Conosco gli attori, si sarebbero inventati qualcosa a quel punto, e fu cosi'. Sulla base di quello, selezionai parecchie scene, che mi condussero ad altre, che ritenevo divertenti e creative,
e  fu davvero un party..."
 
 
 
"Blake voleva escogitare qualche pazzia da mettere in scena durante la festa", ha raccontato la coreografa Miriam Nelson, soprannominata Minimum da Edwards, " fu lui a venirsene fuori con tutte quelle gag, come infilare il telefono nella valigia, o la coppia sotto la doccia, e tutte le buffonate che si vedono nella sequenza. Dato che ero responsabile delle coreografie,io contribuìi alla messa in scena. Guardando le scene, sembra che tutto accada in modo caotico, apparentemente senza senso, ma in realta' ogni attore aveva una posizione specifica, e doveva trovarsi nel punto giusto per la battuta. Assegnammo tempistiche e posizioni nei teatri di posa, prima di girare. Era quello il modo di lavorare di Blake, molto spontaneo... Quando ha dei collaboratori, da' il meglio di sé. Da un'idea ne fa scaturire un'altra, e senza darti il tempo di accorgertene nel film ci mette anche te..."
Dal due al nove novembre 1960, Blake Edwards giro' la piu' costosa sequenza di un party mai orchestrata, facendo servire ai suoi invitati piu' di 350 litri di te' e acqua tonica, tramezzini, salse e sandwich, sessanta stecche di sigarette, pari ad un ammontare di 20.000 dollari di costi e per una scena che nel film dura tredici minuti.
All'ultimo giorno di riprese, fece sostituire l'acqua brillante con vero champagne, " Ma fate attenzione", raccomando' ai suoi attori, " il trucco per apparire davvero sbronzi consiste nel recitare la scena sforzandosi di apparire sobri..."
E fu cosi' che Blake Edwards ebbe il party che voleva...
 
 
 
 
"Il set era stipato", ricorda ancora Joyce Meadows, "Blake ci aveva posizionati in ogni angolo della scena, e ci segnalava a gesti quando e come spostarci. Diceva
"Ok, statemi a sentire, appena comincia la musica, voglio che questo gruppo si trasferisca da quella parte, e si mescoli a quest'altro". Ma quanto ai nostri movimenti personali, dipendeva da noi, non diede agli invitati indicazioni precise. All'inizio di ogni ripresa diceva "Voi tutti frequentate Holly abitualmente. Questa non e' una festa ordinaria, e' un party Golightly, quindi niente deve sorprendervi. Qualunque cosa accada, restate nella parte e sulla scena".
                           
   
 

 
 
       


 
Audrey, con la chioma cotonata e una coroncina tra i capelli, attraversa la sequenza di gag con grazia, padronanza ed un ritmo sorprendentemente al passo con le indicazioni di Blake,   
 latitante tra una ripresa e l'altra per i suoi sonnellini energetici di venti minuti, eseguite con leggerezza e sintonia ,
in un ciak.
          
 







 
 
Nell'istante in cui nei panni di Holly Golightly brucia un cappello senza accorgersene, rivela il significato sottinteso che Blake Edwards ha voluto dare al suo Colazione da Tiffany, la parodia di una facciata ipocrita e cosmopolita.
 
 
 
Mentre il tema centrale del libro di Capote e' l'incessante ricerca di appartenenza, nel film di Blake Edwards la trama si sviluppa intorno ad un punto di fondo, quello che le apparenze ingannano.
Nel bruciare quel cappello senza accorgersene, Holly sembra non accorgersi della vacuita' di una vita frivola ed inconsistente, in cui non c'e' spazio per i sentimenti autentici.
In questo senso il finale, in un vicolo buio e piovoso, acquista un significato che va' oltre le apparenze romantiche,  ed e' la caduta dei tradimenti e delle maschere.
Il copione di Axelrod non prevedeva il crescendo di suspence drammatico che vediamo nella versione definitiva, i due protagonisti inzuppati dalla pioggia in un finale che ha commosso e continua a commuovere milioni di spettatori.
 
 
 
Nel finale originario Holly doveva scendere da una limousine, correre tra le braccia di Paul, e insieme avrebbero cercato il gatto. "Credi che Sam sia un bel nome per un gatto?", avrebbe dovuto dire, dismessi i panni da spirito libero, prima dello scorrere dei titoli di coda.
Ma a Blake questo non bastava, non sentiva quella tensione che doveva dare un senso al film, e che avrebbe reso credibile la metamorfosi, raggiungendo quel parossismo che avrebbe strappato la maschera di Holly, mettendola di fronte alla scelta tra restare con Paul, accettando di appartenere a qualcuno, o di seguire l'istinto inquieto e randagio che l'aveva dominata fino ad allora.
Ed e' questo il finale che e' entrato nella storia...
 




Nella sequenza girata nel dicembre 1960, per Audrey furono allestiti due camerini, uno per togliersi gli abiti bagnati, con la targhetta sulla porta che indicava "Hepburn bagnata", ed uno per indossare quelli asciutti, sotto la scritta "Hepburn asciutta".
 
 
 
Quando venne il momento del bacio, Blake fece ripetere la scena otto volte, con Audrey che spariva nel camerino fradicia, e rispuntava con gli abiti asciutti, sotto a secchiate d'acqua tiepida rovesciate dal soffitto del teatro di posa.
L'impermeabile che indossa nella scena, divenuto celebre come il tubino nero di Givenchy, fu creato per lei da Edith Head.
"Ero sul set il giorno in cui girarono la scena", ha ricordato Patricia Snell, all'epoca moglie di Blake Edwards, "Audrey sapeva che adoravo quell'impermeabile e avrebbe voluto regalarmelo, ma Edith cerco' di impedirglielo.
Lo venni a sapere a distanza di anni, quando Blake mi disse "Ti rendi conto di quello che ha dovuto passare Audrey per farti avere quell'impermeabile?". Edith Head era assolutamente contraria a che si regalassero i suoi costumi. Dell'impermeabile erano stati creati sei esemplari, non sai quello che puo' accadere sul set, e Audrey riusci' a prenderne uno, lo mise in una scatola, e quanto mi emozionai nel riceverlo. Lo adoro ancora oggi...".
 
 
 
Inquadrati dall'alto e in campo lungo, mentre la cinepresa cala su di loro, Holly e Paul dominano la scena, dando vita ad uno dei baci indimenticabili che Hollywood ha immortalato.  
 
 
 
Stringendo il gatto fradicio di pioggia, e che emanava un tanfo terribile, il famoso gatto Orangey del Queens, uscito vincitore dal severo casting tenuto al Commodore Hotel di New York, sbaragliando altri venticinque concorrenti grazie al muso da canaglia e gli occhi gialli da pirata, abilmente tratteggiati nel romanzo di Truman Capote, Audrey Hepburn, che aveva sempre sostenuto di non potercela fare, ce l'aveva fatta...  
 




 
 
Nonostante il lieto fine dal sapore inconfondibilmente hollywoodiano e l'andamento da commedia sofisticata, le modifiche sostanziali alla trama, alla narrazione e ai personaggi del romanzo di Capote, apportate per oltrepassare piu' agilmente le maglie del Codice Hays, Colazione da Tiffany si rivela un film coraggioso, originale e sorprendentemente moderno nel trattare con leggerezza tematiche considerate scabrose nell'America perbenista degli anni '60, protesa verso lo spirito ribelle di Woodstock,  proponendo un modello femminile nuovo, indubbiamente trasgressivo ed anticonformista per l'epoca, ma che nell'interpretazione tenera e sofisticata fatta vivere da Audrey, incarna la donna che tutte le donne vorrebbero essere...
 
 
 
La scena in cui canta Moon River seduta sulla finestra, e' entrata nella storia e nel mito, rendendo indimenticabili quelle note struggenti e malinconiche che valsero al film l'unico Oscar, nonostante le cinque nominations, insieme a quello per la leggendaria colonna sonora, composta da Harry Mancini.
 

 
 
" Essere ispirato da una persona, da un viso o da una personalita', e' qualcosa di davvero unico per un compositore, uno scrittore, ma certamente Audrey Hepburn fu per me fonte d'ispirazione.  Sapevo cosa sarebbe andato bene per lei soltanto leggendo il copione. Quando la incontrai di persona per la prima volta, mi resi conto che quella canzone sarebbe stata qualcosa di molto, molto speciale", ricordo' Mancini, compositore jazz d'avanguardia che aveva collaborato con Blake Edwards per Peter Gunn, "  gli occhi grandi di Audrey mi diedero l'ispirazione per comporre un brano piu' romantico rispetto al mio repertorio. Conoscevo esattamente il tono della sua voce, e sapevo che avrebbe funzionato a meraviglia per Moon River... Quei suoi occhi potevano reggere quel testo, ne ero certo.
Moon River venne scritta per lei.
A oggi, nessuno l'ha mai cantata con altrettanto sentimento.
Nessun'altra la capi' cosi' a fondo..."
 



 
 
Durante l'anteprima del film, Marty Rackin, capo della produzione della Paramount, ebbe un'uscita che suonava pressappoco cosi'... " Ho adorato il film, ragazzi", disse, battendo il sigaro sull'orlo di un posacenere, " ma quella canzone bisogna tagliarla".
Audrey balzo' sulla sedia. "Dovrai passare sul mio cadavere!", urlo', contrariamente alle sue abitudini.
Moon River, com'e' noto, resto' dov'era.
Dal giorno in cui Colazione da Tiffany venne distribuito, l'immagine di Audrey Hepburn seduta alla finestra mentre strimpella la chitarra cantando Moon River, e' il simbolo piu' duraturo dell'incanto che suscito' in schiere di spettatori, allora come oggi.
 

 
" Caro Henry,
ho appena visto il nostro film, Colazione da Tiffany, accompagnato dalla tua colonna sonora.
Un film senza musica è come un aereo senza carburante. Per quanto perfettamente realizzato, non decolla, resta a terra nel mondo della realta'. La tua musica ci ha permesso di spiccare il volo, e di prendere quota. Tutto cio' che non potevamo esprimere a parole o a gesti, lo hai detto tu per noi.
E lo hai fatto con grande immaginazione, umorismo e bellezza.
Sei jazz come nessuno, e il piu' sensibile dei compositori!
Con molto affetto,
Audrey ".
 
Audrey mentre prova Moon River con Henry Mancini
Ad un anno e due settimane esatte dalla prima ripresa sulla Quinta Strada, il 17 ottobre 1960 al Grauman's Chinese Theater di Hollywood, Colazione da Tiffany viene finalmente presentato all'America, prima di entrare nel mito a livello mondiale.
 


 
 
L'invito, su sfondo blu Tiffany, con una caricatura di Holly alta cinque centimetri in basso a destra, era accompagnato da un bigliettino sfizioso...
 
 

 
P.S. Tesoro... Dopo che avrai visto il magnifico Colazione da Tiffany, sarebbe divino avere te e il tuo accompagnatore nel mio appartamento per una Colazione da Holly - uova strapazzate del mio amico Dave C, fiumi di champagne e molto divertimento.
Chez moi, a Hallmark House, 7023 Sunset Boulevard, ad appena qualche isolato di distanza
dal Chinese Theater. Al ritiro dei biglietti per la première, ti sarei grata se confermassi la tua presenza al mio petit party.
Holly
 
 
 
Di fronte ad un pubblico che comprende Nat King Cole, Henry Fonda, Glenn Ford, Dennis Hopper, Buster Keaton, Jayne Mansfield, Lee Marvin, Jerry Lewis, Groucho Marx e Marlon Brando,
Audrey Hepburn seduce entrando sulla scena con grazia dirompente, cambiando la moda e spazzando con un colpo di vento i falsi perbenismi della societa' americana, avviluppata nel moralismo imperante degli anni '50,  che scalpita nell'attesa del cambiamento.
Lascia le scarpe in giro per casa, ama il disordine, la musica ad alto volume, tiene un pesce in una gabbia di uccelli, beve latte da preziosi calici, chiude il telefono in una valigia perché lo squillo non le dia fastidio, fa colazione sul marciapiedi davanti a Tiffany & Co., e' eccentrica, anticonformista, estrosa e sofisticata, strampalata quanto basta, vive sola e veste di nero, e', in poche parole, una kookie, una svitata, ma una svitata autentica e terribilmente cool...
 













 
 
All'uscita dalla sala della première, Audrey dice al suo agente Kurt Frings che quello di Holly Golightly e' stato il ruolo piu' difficile, ma anche il migliore che abbia interpretato. 
 
Santo Cielo, dici che la pagheranno in conformita'?  Lascia che ti dica una cosa, tesoro, se avessi i suoi quattrini, sarei piu' ricca di lei...
 
 
Per quanto impersoni sulla scena un personaggio fondamentalmente disadattato, in cerca di sopravvivenza, piu' che mosso da avidita', Audrey Hepburn ha un talento straordinario nel farci dimenticare che Colazione da Tiffany e' in realta' la storia di una prostituta.
Gli sforzi concentrici di tutti i protagonisti, che si avvicendano nel trasformare la storia cruda di Capote in commedia romantica e sofisticata, a nulla sarebbero valsi senza una sensibilita' ed un'espressivita' fuori dal comune davanti alla macchina da presa.
 
 
 
Il connubio di femminilita', intelligenza, humour e charme di Audrey Hepburn, unito ad un'irresistibile appeal, hanno consegnato questo film alla leggenda, rendendo immortali scene, momenti, sguardi tra Holly e Paul, mentre chiedono ad un allibito commesso di Tiffany di far incidere le loro iniziali su un anello trovato in una scatola di noccioline...        
 
 
 " Te l'avevo detto tesoro che Tiffany e' una delizia...".
 
"Andiamocene, questo posto non vale la meta' di Tiffany",
 





 
quando scandalizzano la compassata bibliotecaria della New York Public Library autografando una copia del libro di Paul,
 
o ricevono le previsioni del tempo da zio Sally, ospite a Sing Sing... 
Sing Sing... che nome ridicolo per una prigione, vero? ma chi gliel'ha dato? E' un nome che potrebbe andare bene per
un circo equestre...
" Su New Orlèans tempeste di neve a fine settimana... ma, non è straordinario? scommetto che non e' venuta le neve su New Orlèans da un milione di anni... non so come faccia ad inventarsele..."
 


Dopo aver fatto guadagnare alla Paramount quattro milioni di dollari al botteghino americano, e sei in quello oltreoceano, Colazione da Tiffany si aggiudico' cinque nominations agli Oscar, una per Audrey, miglior attrice protagonista, una per George Axelrod, miglior sceneggiatura non originale, una per le senografie, e due per Harry Mancini, miglior colonna sonora e miglior canzone, da condividere con Johnny Mercer, autore del testo struggente e malinconico di Moon River, divenuto leggendario...
Mercer e Mancini furono gli unici a vincere l'Oscar per Colazione da Tiffany, Audrey non lo vinse soltanto perché si trovo' a rivaleggiare con la Ciociara di Sophia Loren.
Blake Edwards, benche' non avesse ricevuto la nomination per la regia, si aggiudico' quella della Directors Guild of America, confermandosi la sorpresa registica del 1961.
Ancora non sapeva che, grazie a Colazione da Tiffany, stava per cominciare a scrivere uno dei suoi  piu' grandi successi,
La Pantera Rosa...

 
 
Audrey, dal canto suo, descritta come un ciclone che attraversa il film come se a colazione invece del caffe' avesse preso un supercarburante, riceve apprezzamenti dalla critica, che ne loda "il fascino seducente, lo slancio ed emozione vibrante al tempo stesso", il riconoscimento come attrice dell'anno dal Film Daily, e il David di Donatello come miglior attrice straniera. 
 


"Assolutamente inverosimile, ma straordinariamente divertente", riassume il New York Times, " al di la' di come la si pensi, la vera forza del film e' Audrey Hepburn, che unisce all'aspetto da cerbiatta un autentico talento comico, notevole quanto inaspettato".
 
 
 
Voglio dire... un gentiluomo con un minimo di chic ti da' almeno un cinquanta per la custode...
e io chiedo almeno altri cinquanta per il taxi...
Non solo era un verme, anzi diciamo un superverme, ma era anche al verde... Ma lo capisci? al verde da fare impallidire un biliardo...


Holly: Ti diro' una cosa tesoro, per denaro ti sposerei subito, in un minuto... E tu sposeresti me per denaro?
Paul: Assolutamente...
 
Meno male che nessuno dei due e' ricco, eh...?
Quando un giornalista le chiede quale ruolo le piacerebbe interpretare dopo Holly Golightly,
Audrey risponde: " E' facile. Farei qualsiasi cosa per interpretare Eliza Doolittle in
My Fair Lady..."
Ma questo e' il momento di entrare nel mito sull'inebriante ed intramontabile ventata di charme di
Colazione da Tiffany...
 







Audrey alla premiére di Colazione da Tiffany al cinema Fiammetta di Roma
Audrey al Plaza di New York il 1° ottobre 1961 alla presentazione di Breakfast at Tiffany's

Audrey durante un'intervista al Plaza il 1° ottobre 1961


Audrey al cocktail di presentazione di Breakfast at Tiffany's al Plaza Athenée a Parigi con tartine di diamanti da 600.000 dollari ricoperte di caviale...
 






 
Dopo l'uscita del film, Audrey entra nell'immaginario collettivo come icona di classe e stile, diventando simbolo di una nuova femminilita', sofisticata e semplice, e di un nuovo modo di vestire, piu' accessibile e democratico. Prima di allora, il lusso e la raffinatezza erano riservati esclusivamente alle dive o alle signore dell'alta società, ma con l'arrivo di Holly lo charme diventa un accessorio alla portata di tutti. I suoi abiti sono diversi, semplici, non troppo costosi.
E splendidi...
 




 
 
Da questo punto di vista, Colazione da Tiffany segna una rivoluzione di costume, l'accesso al glamour nella vita quotidiana della ordinary people. Chiunque, da questo momento, puo' essere chic, qualsiasi sia la sua condizione sociale.
Il little black dress, creato per lei da Givenchy, e venduto all'asta da Christie's per 920.000 dollari nel 2006, e' uno degli abiti piu' imitati al mondo dal 1961 ad oggi.
" Givenchy e Audrey ci offrirono uno chic molto realistico e accessibile", ha ricordato lo stilista Jeffrey Banks. " In Colazione da Tiffany, la classe non e' piu' una realta' remota, destinata ai ricchi.
Givenchy era un maestro nel capire come doveva essere il retro di un abito.
Sapeva che aspetto deve avere una donna che si allontanda da te. Visto da davanti, il lungo abito nero di Audrey sembra un normale vestito senza maniche, ma visto di schiena, se osservate la linea del corpetto, chiuso dietro la nuca e con lo scollo che segue linea della collana, vi rendete conto di quanto fosse audace per quel tempo".


L'efficacia e la semplicita' di quest'abito, espressione di personalita' ed understatement, ne fanno l'uniforme d'ordinanza della donna degli anni '60, che lavora e che fara' strada, dando vita ad uno stile unico ed innovativo, in cui severita' e fascino si mescolano, e da cui nasce un'allure sottilmente seduttiva.
" Andai a Parigi per le prove di sartoria", ha raccontato Patricia Snell, sposata con Blake Edwards all'epoca di Breakfast at Tiffany's, " e fu straordinario. Givenchy sciorino' l'intero guardaroba di Audrey, il cappello, l'abito nero, tutto quanto...



Non posso dire di aver capito allora che quegli abiti avrebbero cambiato il corso della moda, ma devo ammettere che mi lasciarono senza fiato.
E nessuno piu' dell'abito nero..."



" Audrey si e' sempre vestita per sottrazione", ha affermato l'attrice Eva Gabor, " piuttosto che il contrario. Nessuno al mondo era superbo quanto lei con un paio di semplici pantaloni e una camicia bianca. Tutto quello che portava diventava elegante. Senza il minimo gioiello, aveva l'aria di una regina. E il suo profumo... In lei tutto raggiungeva la perfezione.
Gli occhi meravigliosi, la dolcezza, la sensibilita' d'animo..."







Ma la ventata rivoluzionaria portata da Colazione da Tiffany e' molto piu' profonda di un cambiamento di costume o di stile, e tocca corde che hanno a che fare con un nuovo concetto di sé.
" La prima volta che vidi Colazione da Tiffany, rimasi folgorata", ha raccontato Letty Cottin Pogrebin, giornalista e cofondatrice di Ms. Magazine. " Nel 1961, l'unica novita' era un presidente giovane, ma dal punto di vista della morale non era cambiato niente. Al lavoro mi presentavo vestita con guanti, cappello e borsetta in tinta. Se l'orlo del vestito era troppo alto, mi spedivano a casa a cambiarmi. Questo per spiegare quanto fosse implacabile il rigore delle convenzioni, dei dettami imposti alle donne.
Mi immedesimai completamente in Holly Golightly, totalmente diversa dalle figure caricaturali che Hollywood proponeva,. Era la donna che avresti voluto essere. 
Viveva da sola in un tempo in cui nessuno lo faceva, e rappresento' la conferma di cui avevo bisogno.
Fu un incoraggiamento fondamentale. Una donna con un'esistenza propria, niente affatto convinta che fosse necessario vivere con un uomo. Non avevo mai visto niente del genere prima..."
Come migliaia di donne americane, Letty compra un abito nero, e comincia a comportarsi da "svitata", dotandosi di uno scooter, un cane, un coniglio e di un'anatra.
" Fu allora che cominciai a prediligere il nero. Niente piu' rosa o verde pastello, pizzo intorno alla scollatura da convenzione. Il mio armadio si riempi' di vestiti e cappelli neri.
Una segretaria da Simon and Schuster, dove avevo lavorato prima di passare alla casa editrice Bernard Geis Associates, vestiva sempre di nero. Era davvero fantastica.
Si chiamava Phyllis...

 
 
 
 
Dopo avere rivoluzionato la vita delle ragazze degli anni '60, Audrey, dal canto suo, sembra preferire uno stile di vita piu' tradizionale, nei panni di Frau Ferrer... 
 
Cecil Beaton
 
 
In un'intervista rilasciata nel 1962, alla domanda della giornalista e scrittrice Michele Manceaux, che le chiede se si interessi ad altro oltre al lavoro, Audrey risponde "Si', a mio marito e a mio figlio. Recito nemmeno in un film l'anno. Io e Mel ci siamo dati da fare per stare insieme, dopo sette anni ci siamo riusciti. Mi piace molto occuparmi della casa. La mia unica frivolezza e' Hubert de Givenchy. Adoro la moda, e soprattutto Hubert. Vado a Parigi in incognito, apposta
per vederlo..."
Nello stesso anno, Audrey dichiara di desiderare una cosa soltanto, un secondo figlio.
Essere Frau Ferrer, e non la diva Audrey Hepburn, la appaga. 
 
 
 Ma dietro la facciata impeccabile di coppia e famiglia felice, cominciano ad essere evidenti le prime, inequivocabili, incrinature.
"La finzione che tra loro tutto andasse bene, divenne piu' che mai assurda", avrebbe scritto anni dopo Joseph Berry, giornalista amico di entrambi.
Dopo il successo di Colazione da Tiffany, Audrey continuava ad essere molto richiesta, e questo scateno' la gelosia di Mel.
 
 
 
All'uscita dall'anteprima del film, mentre tutti si complimentavano con Audrey per quanto era stata magnifica, " Mel le disse in tono secco : Mi è piaciuto il tuo cappello", ha ricordato Fay McKenzie, una delle attrici che compaiono nella scena del party. " Lo disse abbastanza forte perche' tutti potessero sentirlo, e noi raggelammo. Ma Audrey la butto' sul ridere. Credo lo abbia fatto per toglierci dall'imbarazzo".
La tensione tra i due era una delle concause allo stato d'ansia in cui si trovava Audrey, la cui magrezza risalta sotto i pesanti abiti di scena del film successivo, The Children Hour, accanto a Shirley MacLaine. Malgrado l'affiatamento tra le protagoniste, la pellicola si rivela un insuccesso di pubblico e di critica, che lo definisce lugubre e ampolloso, Audrey, dopo aver ricevuto le recensioni peggiori della sua carriera, ne approfitta per ritirarsi in Svizzera, esausta dopo due film girati negli Stati Uniti.
Ma il motivo per cui decide di godersi la vita familiare è, in fondo, un altro, stare vicino a Mel, impegnato nelle riprese a Roma e a Parigi, e fotografato sempre piu' spesso in compagnia di colleghe e coprotagoniste dei suoi film.
 
 


Venuta a conoscenza delle sue occasionali e discrete scappatelle, Audrey tiene duro, rifiutando un film dopo l'altro, e privilegiando il suo ruolo di moglie e di madre.
" Preferisco essere una Mrs Ferrer felice, piuttosto che una Greta Garbo non amata, coperta di contratti e di dollari", risponde laconicamente ai giornalisti che le chiedono del suo ritorno sulle scene.
 
 
Ma dopo la partenza di Mel per la Spagna, riceve la visita del regista Richard Quine, che le propone  una commedia romantica girata a Parigi, con i costumi di Givenchy, e il copione di George Axelrod, lo sceneggiatore di Colazione da Tiffany...
       

 
E Audrey accetta il ruolo di Gabrielle Simpson, protagonista di
Insieme a Parigi... 
  
    
 
 
Girato nel luglio del '62 negli studi di Boulogne,            
                 
             
 
 
Paris when it sizzles racconta la storia di Richard Benson, sceneggiatore americano a Parigi alle prese con una sceneggiatura da scrivere, e che, disperato a due giorni dalla consegna per non aver scritto nemmeno una pagina, preferendo dedicarsi ai divertimenti parigini, assume la giovane dattilografa Gabrielle. 
 
 
 
 
 
Insieme, daranno vita ai possibili epiloghi dell'intreccio, sognando di vivere le vicende che stanno scrivendo, in un irresistibile intreccio tra realta' e fantasia, con un finale inevitabile e dal sapore inguaribilmente romantico...
 
 
 





 Dopo aver ottenuto il camerino contrassegnato da quello che ritiene il suo numero fortunato, il 55, lo stesso che aveva durante le riprese di Vacanze Romane e Colazione da Tiffany, facendo spostare una star francese,



Audrey, le cui richieste sono prontamente esaudite dalla produzione, richiede anche che il direttore alla fotografia sia sostituito con Charles Lang, che l'aveva mirabilmente ritratta nelle riprese di Sabrina.
 

 
 
Ma l'aspetto piu' divertente della produzione, quantomeno nelle previsioni di Audrey, sarebbe stato lavorare nuovamente con qualcuno che conosceva bene, e con cui era sicura di ritrovare la sintonia di un tempo, William Holden...

 


 Dopo nove anni dal loro incontro sul set di Sabrina, Holden era comprensibilmente emozionato all'idea di rivedere la donna che non aveva dimenticato.
" Ricordo il giorno del mio arrivo all'aeroporto di Orly", avrebbe raccontato a Ryan O'Neal,    "sentivo i miei passi rimbombare nel corridoio dell'aeroporto, come quelli di un condannato  che va'  verso il patibolo. Mi resi conto di dover lavorare con Audrey, e pensavo che non sarei riuscito a gestire la cosa..."
 
 
 
In realta' l'intesa tra loro fu perfetta, ma a complicare le riprese, che avrebbero dovuto svolgersi piacevolmente, subentro'  un problema che Holden non aveva superato, e che si acui' per la paura di lavorare di nuovo con lei, la dipendenza dall'alcol.
" Holden aveva sempre bevuto durante le riprese di un film," ha riportato il suo biografo, " ma mai come durante le riprese di Paris when it sizzles. Cominciava a bere presto, e continuava per tutto il giorno".
 
 
 
La produzione fu sospesa per permettergli il ricovero in una clinica per disintossicarsi, da cui usci' sobrio e ringiovanito, mentre la troupe girava le scene scritte da Axelrod per Tony Curtis, chiamato in extremis ad impersonare il ruolo di un attore frivolo e vanaglorioso, dando un tocco di divertente originalita' e charme al film.
 
 
 
Nel frattempo, la situazione matrimoniale tra Audrey e Mel sembra prendere una piega critica, amplificata dall'allontanamento a cui il lavoro li costringe, e di cui Mel non sembra dolersi, essendo impegnato ad intrattenersi sul suolo madrileno in compagnia della graziosa quanto misteriosa
Duchessa di Quintanilla.
Audrey non si da' per vinta, e con la complicita' dell'innamorato Holden, gioca una carta dall'effetto assicurato, la gelosia...
 


 
 
L'intesa tra lei e il vecchio amico Bill e' sempre piu' evidente, si fanno sorprendere sempre piu' spesso insieme, i giornalisti li inseguono, Mel ne viene informato, chiede spiegazioni, Audrey e' costernata ma continua il gioco anche dopo il rientro negli Stati Uniti per il doppiaggio, senza tuttavia suscitare reazioni nel marito, che decide di prendere la cosa con calma, senza mostrarsi geloso.
Decisa a dargli una scossa, Audrey chiede il divorzio.
Mel si precipita a New York, il matrimonio e' salvo, e la Duchessa di Quintanilla scompare.
 
 
 
Terminato ai primi di ottobre del '62, Insieme a Parigi e' un film brioso e ironico, che fa della satira hollywoodiana il suo sottofondo e il suo scopo, in un susseguirsi di farsa e battute autorefenziali a ritmo di commedia brillante, e secondo una struttura non convenzionale.
Sbarazzina e piena di slancio nei panni della dattilografa che si innamora dello scrittore in crisi,
Audrey dimostra una qualita' inconfondibile del talento comico, quella di saper prendere sul serio
tutto e niente...
 
 
 











Nonostante le premesse, Insieme a Parigi ebbe vicende alquanto problematiche, non apprezzato dai dirigenti della Paramount, che non ne compresero il significato, non cogliendo i riferimenti ai precedenti film di Audrey Hepburn e ad altri classici della storia del cinema in chiave satirica, fu congelato per due anni dalla produzione e distribuito nella primavera del '64, riscuotendo apprezzamenti scarsamente entusiastici dalla critica, su cui aveva influito l'atteggiamento della stessa Paramount.
" Miss Hepburn, favolosa come sempre, sembra leggermente sconvolta dall'inconsistenza della sceneggiatura in cui e' coinvolta", recita implacabile il New York Times, mentre il Time la trova "deliziosa  da contemplare come Parigi," aggiungendo sarcasticamente " sfortunatamente William Holden non e' Cary Grant..."
 
 

 
 
 
Ed e' proprio accanto a Cary Grant che Audrey, terminate le riprese, resta a Parigi per girare una nuova pellicola, la sofisticata ed intrigante vicenda di
Sciarada...
 
 
 
 
 
L'idea di riunire due mostri sacri come Cary Grant ed Audrey Hepburn e' di Stanley Donen, che l'aveva diretta in Cenerentola a Parigi, e volle realizzare il suo desiderio di lavorare con il mitico
Cary...
 
 
 
 
" Non sono mai stato tanto sicuro di un film come quando ho dato il primo colpo di manovella di Sciarada", avrebbe ricordato emblematicamente il regista . " Ho sempre magnificato entrambi, ma ignoravo fino a quanto avessi ragione prima di vederli sullo schermo nelle prime inquadrature.
Insieme erano perfetti..."
 
 
 
Dopo essersi presentato sulla porta di casa della madre di Cary Grant a Bristol, a cui l'attore aveva fatto visita, porgendogli la sceneggiatura - " Incantevole", sembra sia stata la reazione di Grant, " se
Audrey Hepburn accettasse il ruolo della giovane ragazza, Reggie..." - Donen era partito per Parigi con l'intento di mostrare il copione ad Audrey.
" Incantevole", esclama, sgranando i suoi occhi da cerbiatta, " il ruolo di Peter, affascinante e misterioso, calzerebbe a pennello a Cary Grant..."
E il gioco e' fatto...
 
 
 
Ambientato tra le Alpi francesi e Parigi, Sciarada e' incentrato sulla storia di Regina Lampert, ricca ereditiera in procinto di divorziare, che scopre i retroscena dell'omicidio del marito, autore del furto di un famoso tesoro durante la seconda guerra mondiale con la complicita' di tre pericolosi criminali, ora sulle tracce del bottino.
 
 
 
Dopo l'incontro con il misterioso Peter Joshua, uomo dalle molteplici identita', interessato alla fortuna del defunto marito, Reggie capisce di essere in pericolo, in un crescendo di suspence e nel susseguirsi di omicidi, da cui entrambi insieme riescono a salvarsi, fino ad un finale sorprendentemente comico e romantico che li vede uniti in un'irresistibile
storia d'amore...
 

 


 
" Non e' stato Shakespeare che ha detto "Quando due sconosciuti si incontrano in terra lontana, presto si incontreranno di nuovo" ? sussurra Reggie al sornione mr. Joshua.
" Shakespeare non se l'e' mai sognato. Se l'e' inventato lei...", risponde sulle sue l'enigmatico Peter/Cary...   
 
 
 
Il sottrarsi alle avances di Reggie/Audrey fu un escamotage creato dallo sceneggiatore, Peter Stone, in accordo con lo stesso Cary Grant, entusiasta di un copione che giocasse sulle differenze d'eta', cinquantanove anni, e trentatre' Audrey.
 
 
 
" Il mio grande problema e' trovare dei comprimari adatti. Il pubblico non accettera' che corteggi ragazze troppo giovani. E non credo mi si possa vedere corteggiare ragazze piu' giovani di lei".
In questo modo, il film e' attraversato dal rincorrersi dei due protagonisti, in cui e' Audrey a rincorrere Cary, e lui a ricordarle che e' abbastanza vecchio da poter essere suo padre, fino ad un finale ironicamente romantico e seduttivo...
" Spero che avremo soltanto figli maschi, cosi' potremo chiamarli tutti
come te..."
 
 




 

 
 
Nonostante la differenza d'eta', Audrey e Cary danno vita sullo schermo ad una delle coppie piu' riuscite, rendendo credibile e convincente la loro storia d'amore, raggiungendo anche fuori dalle scene, un'intesa palpabile, fin dal loro primo incontro in quel delizioso bistrot " tanto elegante", come l'aveva definito Audrey, in cui Stanley Donen li aveva fatti incontrare.
 

 
 
" Ho una tale paura", sussurra Audrey guardandolo, " Non e' necessario, sono lietissimo di fare la sua conoscenza... Si sieda, appoggi le mani sul tavolo, con i palmi in su, e inspiri piu' volte profondamente..."  Audrey, nel sedersi, rovescia una bottiglia di vino, che va' a spandersi sulla sua giacca color crema. 
Senza battere ciglio, Cary si toglie la giacca con gesto noncurante, sostenendo che la macchia sarebbe andata via facilmente...
" Mi sentivo terribilmente mortificata, e continuavo a scusarmi, Cary e' stato gentilissimo, adorabile, il giorno dopo mi ha mandato una confezione di caviale con un messaggio, per dirmi di         
non preoccuparmi..."
 L'episodio compare nel film, nella scena girata sulle rive della Senna, in cui Audrey/Reggie rovescia un gelato sulla camicia di Cary/Peter, che reagisce con ineffabile noncuranza, come nell'incontro al bistrot...
 



 
 
 
I due cominciarono a lavorare insieme da meta' ottobre, raggiungendo un'intesa e una complicità a cui raramente si assiste sul set.
 






 
 
" Lavorare con Cary e' cosi' facile ", risponde entusiasticamente Audrey ai giornalisti, curiosi di sapere se sia scoccata la famosa scintilla. " Lui interpreta la parte, bisogna soltanto
seguirlo..."
 
 


 
 
" Al contrario di quanto pensano molti, e' un uomo molto riservato, sensibile e calmo", ha ricordato negli anni successivi in un'intervista a Bill Collins, rievocando il suo rapporto con
Cary Grant, " per alcuni versi anche filosofo e persino mistico... E aveva una straordinaria capacita' di identificarsi con gli altri. Incisivo, ma riservato. Conduceva una vita molto tranquilla, credo che fosse dovuto perlopiu' a timidezza. Forse proprio perché era un uomo vulnerabile, riconobbe la mia vulnerabilita', credo che mi capisse meglio di quanto io capissi me stessa, e' un'osservatore acuto e ha una visione molto profonda delle persone. Mi ha aiutato senza che me ne rendessi conto, con una dolcezza che mi ha fatto perdere ogni impaccio... Avevamo molto in comune. Un giorno, in cui ero irrequieta e nervosa, mi ha detto una cosa importante.
Eravamo seduti vicini, mentre stavamo aspettando la scena successiva.
Ha messo la sua mano sulle mie, e ha detto " Devi imparare ad apprezzarti di più ".
Una cosa a cui negli anni ho pensato spesso..."
 






 
 
Elegantissima in Givenchy, Audrey attraversa il thriller romantico di Stanley Donen nei panni della volitiva Regina Lampert, sulle note composte ancora una volta da Henry Mancini, con quello stile inconfondibile che decreta il trionfo di Sciarada, definito dalla critica " irresistibile, travolgente, raffinato".
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
" Attori notevoli, disinvolti, brillanti", decreta il New York Times.
Intreccio tra commedia raffinata e giallo alla Hitchcock, Sciarada si conferma uno straordinario successo di pubblico, incantato dall' alchimia di Audrey Hepburn e Cary Grant sullo sfondo di una Parigi romantica e misteriosa...
 
 
 


 
 


 
 
 
 
" Il regalo che vorrei per Natale? un altro film con Audrey Hepburn ",      
 
 
 
 
 
 risponde Cary a quanti si chiedono se lo rivedranno nella versione cinematografica di
 My Fair Lady, firmata George Cukor, accanto alla partner di Sciarada.
Ma mentre il ruolo del professor Higgins verrà affidato a Rex Harrison,
Audrey Hepburn, sbaragliando Julie Andrews, protagonista indiscussa per tre anni e mezzo dell'omonimo musical a Broadway, veste i panni dell'indimenticabile
Eliza Doolittle...
 









 
 
 
Passato alla storia come il progetto piu' costoso mai realizzato fino ad allora ad Hollywood, con un budget da diciassette milioni di dollari, cinque milioni e mezzo soltanto per l'acquisto dei diritti,
My Fair Lady rappresenta in assoluto una delle produzioni piu' accurate ed estenuanti della Warner Bros., e una  sfida per Audrey, colpevole, agli occhi della stampa e dello star system, di aver sottratto la parte all'amatissima Andrews, e con un ingaggio da capogiro, superiore a quello di Elizabeth Taylor in Cleopatra.
 
 


Audrey sul set di My Fair Lady con  il regista George Cukor
 
 
 
Quando riceve la fatidica telefonata del suo agente, Kurt Frings, che nel maggio del '62 le annuncia di essersi aggiudicata la parte, non sa che My Fair Lady, nel decretare l'apogeo della sua carriera, 
segnerà anche l'inizio del suo progressivo allontanamento  
 dal mondo del cinema.
 




 
 
 
" Prego ogni giorno di essere all'altezza della parte", scrive al regista Cukor nel marzo del '63,  
sapendo di dover rispondere ad altissime aspettative, fronteggiando il clima ostile che si era creato dopo la preferenza riservatale da Jack Warner.
 
 
 
 
 
 
"Non c'è niente di misterioso né complicato nella mia decisione di sceglierla", spiega il produttore.
" Nonostante il fascino e le competenze, Julie Andrews è conosciuta soltanto a Broadway,
in migliaia di città negli Stati Uniti e all'estero, Audrey Hepburn e' una grande diva.
Nel mio mestiere devo sapere cos'attira la gente al botteghino, e so che Audrey Hepburn
non ha mai conosciuto un insuccesso finanziario..."
Delusa dalla decisione della Warner, la protagonista di ben duemilasettecentodiciassette repliche sul palcoscenico, lancia un'avvertimento alla rivale.
" Anche se è probabile che Audrey Hepburn avrà un successo enorme, deve stare attenta a non cadere nelle trappole che l'aspettano. Due canzoni, in particolare, non sono facili, richiedono molta potenza e un' ampia estensione  di note".
Quando arriva ad Hollywood alla fine di maggio del '63, Audrey prende assidue lezioni di canto da mesi, sforzandosi di ottenere l'accento cockney di Eliza. Tra l'inizio delle prove e la prima giornata di riprese, il 13 agosto, passa dodici ore al giorno a provare.
 
 
 
Ispirato al Pigmalione di George Bernard Shaw, My Fair Lady è la storia del professor Henry Higgins, imperturbabile accademico, che scommette di trasformare una fioraia londinese in una raffinata aristocratica, riuscendo a tal punto nell'intento che la fanciulla viene scambiata per una vera principessa, e cambiera' per sempre vita...        
 
 









 
 
Dopo la presentazione del cast alla stampa, la ricerca e la progettazione del set e dei costumi vede uno sforzo straordinario, in cui sono coinvolte centinaia di lavoranti, mentre una dozzina di sarte danno gli ultimi ritocchi agli abiti d'epoca indossati da Audrey/Eliza dopo la trasformazione, ricordati come tra i piu' sontuosi  mai realizzati nella storia del cinema.
 










 
 
Fin dal suo arrivo nella villa di Bel Air, Audrey assume uno stile di vita tipicamente inglese, circondata dall'affettuosa e rassicurante presenza di Cecil Beaton, conosciuto fin dal '53, fotografo, scenografo, costumista, creatore del look di My Fair Lady, e del regista George Cukor, abilissimo nel giocare sul contrasto che i due ruoli di monella del Covent Garden e sofisticata dama dell'alta societa', richiedono alla protagonista.
 
Abiti disegnato da Cecil Beaton per Audrey Hepburn in My Fair Lady

 
 
In realta', il duplice stile del suo personaggio mettono a dura prova Audrey, piu' a suo agio in abiti sontuosi che nelle vesti di una comica e disinvolta cockney.
" In un certo senso, Eliza e' il primo vero personaggio che ho interpretato sullo schermo", riconosce, " negli altri ruoli c'e' sempre stata una piccola parte di me stessa, in questo film non ve n'e' traccia..." 
 
 
 
 
" Era arduo riuscire a conciliare queste contraddizioni", avrebbe ricordato Beaton, che la ritrae in una sequenza fotografica mentre indossa i costumi del film, consacrandola come la donna piu' bella della sua epoca.
 




 
 
 
" Un fenomeno", secondo il fotografo. " La bocca, il sorriso, i denti, tutto e' incantevole.
L'espressione adorabile dei suoi occhi, e tutte le sue altre qualita' trionfano sugli abituali canoni di bellezza".
 
 
" Intelligente e sveglia, malinconica ma entusiasta, sincera ma piena di tatto, sicura ma non pretenziosa, tenera senza sentimentalismi, è il talento piu' promettente finora apparso dopo la guerra.
Se si aggiunge a  tutto questo la profonda distinzione che emana, non e' prematuro dire che rappresenta anche la piu' interessante incarnazione pubblica del nostro nuovo ideale femminino", aveva scritto di lei lo straordinario e lungimirante artista sul numero di Vogue del 1° novembre 1954, dopo l'esordio dell'ancora sconosciuta Audrey Hepburn.
 


 
 
" Ho sempre voluto essere bella", gli scrive Audrey, " riguardando le immagini la notte scorsa ho constatato che, almeno per un attimo, lo ero... grazie a te!".
 
 
 
Nella scena in cui compare al fianco di Rex Harrison nell'abito a stile impero, con i capelli raccolti e i guanti lunghi fino al gomito, tutto sembra fermarsi... Le comparse sul set, assipate davanti alle porte del salone da ballo, si sciolgono in un'applauso alla sua apparizione.
 
 



 
 
 
" Si ha la sensazione che la principessa di Vacanze Romane si sia trasformata in un'altezza reale", decreta, affascinato, Cecil Beaton...  
" Audrey incarnava la signorilita' e l'eleganza stessa", ha ricordato Jose' Luise de Villalonga, attore, scrittore e amico di Audrey, che in Colazione da Tiffany interpreta Jose' da Silva, fidanzato brasiliano della travolgente Holly Golightly, " a Buckingham Palace la regina si era fermata a chiaccherare con lei, e ne era rimasta affascinata. Congedandosi, la regina madre ha mormorato all'orecchio della figlia " She's one of us", e' una di noi..." .
 


 
 
 
Ma dietro le apparenze scintillanti e le aspettative di Audrey, che in quel giorno di maggio a Bel Air aveva pronosticato entusiasticamente a Cukor e Beaton che My Fair Lady sarebbe stato un film magico, si nasconde una lavorazione faticosa ed estenuante, ed un retroscena alquanto deludente per lei, rivelatosi decisivo nell'escluderla dalla corsa all'Oscar.
 Fin dall'inizio delle trattative con il suo agente, Kurt Frings, George Cukor e Jack Warner avevano lasciato intendere che la maggior parte delle canzoni del film sarebbero state interpretate da Audrey, a cui sarebbero spettati anche i diritti per la registrazione, inserendo in alcuni brani la voce di una cantante professionista.
" Dopo aver lavorato come un mulo fin dal suo arrivo" aveva annotato Cecil Beaton, " la sua voce e' migliorata al punto che sara' lei a cantare tutti i pezzi di Eliza", come gli era stato detto da Cukor e Warner in persona.
 




 
 
Quello che ne' Beaton ne' tantomeno Audrey sapevano, era che, prima di cominciare le riprese e le registrazioni, il regista e il produttore avevano incontrato segretamente Marni Nixon, cantante d'opera e e di concerto professionista, che aveva doppiato Deborah Kerr e Natalie Wood in West Side Story, per farle incidere le canzoni di Audrey, all'oscuro di questo dettaglio.
Quando si trovo' di fronte ad Andre' Previn, responsabile della colonna sonora, e ad un'orchestra di cinquanta elementi per la prima registrazione delle canzoni, tutte le apprensioni accumulate sembrarono prendere il sopravvento, anche se il lungo esercizio e l'estensione vocale di cinque note contribuirono a darle fiducia.
" Fu una prova molto dura per Audrey", ricordo' Cecil Beaton.
Alla fine della scena, le comparse e le maestranze applaudirono con entusiasmo.
" Li hai sentiti?", chiese Audrey a Cukor , convinta che la sua voce sarebbe stata utilizzata per tutte le canzoni del film." Hanno applaudito!"
" Audrey", le rispose il regista con gentilezza, " pensavano che fossi tu a cantare".
Il tecnico, ad insaputa dello stesso Cukor, aveva inserito i brani registrati da Audrey, e non quelli di Marni Nixon.
" George", rispose lei, cominciando a fiutare l'inganno, " ero io...".
In realta', la decisione di farla doppiare era gia' stata presa, con il risultato opposto a quello sperato da Audrey, il film contenne quasi esclusivamente le versioni di Marni, con qualche brano cantato da lei, inserito perché Warner potesse dichiarare che Audrey Hepburn cantava in My Fair Lady senza poter essere accusato di mentire.
Dopo aver lavorato a lungo sulla sua voce, si senti' ingannata, ammettendo in seguito di essersi sentita come un bambino bocciato agli esami, ma non mostro' alcun segno di risentimento, portando a termine il lavoro con professionalita'.
" Sotto il profilo musicale, la lavorazione di My Fair Lady fu lunga ed estenuante", ha ricordato Previn, " uno dei problemi maggiori derivava dal fatto che Audrey Hepburn non poteva interpretare le canzoni con la sua voce. Era indiscutibilmente la piu' bella creatura che si possa immaginare, e anche un'attrice assolutamente dotata, ma la sua voce come cantante, quando veniva sottoposta alla prova degli altoparlanti del cinemascope, era carente. Per questo chiamammo Marni Nixon, un'eccellente doppiatrice che aveva dimostrato padronanza in altri ruoli".
Ma la decisione presa di comune accordo da Warner, Cukor e Previn ebbe conseguenze disastrose sul film, compromettendone la riuscita e rendendolo non credibile.
La voce di Marni Nixon, impostata e suadente, degna di un'artista esperta, era del tutto inadatta alla parte di Eliza, la disinvolta fioraia del Covent Garden, rispetto a cui l'interpretazione perfetta ed inappuntabile di una cantante, e non di un'attrice, risulta alquanto inverosimile.
 


 
 
I brani cantati da Audrey avrebbero costituito un valore aggiunto, rendendo la pellicola più realistica e conferendole quella personalita' che avrebbe condotto la protagonista sulla via del meritatissimo Oscar...
 















 
 
Oltre alla pressione di lavorare ad un progetto complesso ed impegnativo, si aggiunsero le tensioni derivanti dai rapporti amichevoli ma non semplici con Rex Harrison, protagonista della versione teatrale, convinto che My Fair Lady fosse il suo spettacolo.
 

 
 
Perfezionista ed esigente, concentrato unicamente sul proprio ruolo piu' che sulla riuscita complessiva del film, richiede nuove inquadrature, rifiutandosi di dare la battuta ad Audrey nei primi piani, redarguendola con insistenza, tanto che Cecil Beaton viene a sapere dalla baronessa Van Heemstra che la figlia va' avanti a forza di nervi, non recitando con la sua spontaneita' naturale.
E anche sul piano della vita privata le cose non vanno meglio.
Le voci sulle incomprensioni tra Audrey e Mel, costantemente impegnato in terra spagnola, si rincorrono con crescente insistenza.
" Il loro matrimonio in quel momento non era molto saldo", avrebbe ricordato l'attrice inglese che interpreta il ruolo della governante di Higgins, " Mel non mi e' troppo piaciuto quando veniva sul set, piuttosto altezzoso con me, probabilmente perché interpretavo un ruolo secondario. Credo che fosse follemente geloso di Audrey, e non era tenero con lei.
Il loro disaccordo era di pubblico dominio. Anche se Audrey continuava a difendere la solidita' della coppia, si sentivano spesso litigare nel camerino di lei".
 



 
 
 
Spossata dopo aver lavorato a oltre quaranta gradi nei teatri di posa durante una torrida estate californiana, a novembre deve interrompere le riprese per un'infezione virale.
 
 

 
 
Quando riprende il lavoro, continua a perdere peso, fumando una sigaretta dietro l'altra.
E' lei a comunicare alla troupe l'omicidio di Jhon Fitzgerald Kennedy, secondo una tradizione del teatro in Inghilterra e in America, per cui il protagonista si incarica di dare gli annunci alla compagnia.
 
 
 
Quando termina le riprese di My Fair Lady nel dicembre del'63, e' allo stremo delle forze, passa le festivita' con Sean e Mel a Burgenstock.
Il matrimonio e' compromesso.
 
 
 
" Le difficolta' e le tensioni nascevano dal fatto che la carriera di mio padre aveva passato il punto massimo, mentre lei era all'apice della sua", ha ricordato negli anni Sean, riferendosi a quel periodo nella vita dei suoi genitori.
" Quasi in maniera irrealistica, sperava che l'amore tra loro sarebbe rinato, sotto forma di fiori inviati senza essere richiesti. Quando questa speranza non si avvero', le cose cominciarono a peggiorare".  
Dopo qualche settimana di riposo, segue Mel in Francia, in Italia e in Spagna, decisa a far si' che la loro unione resti in piedi. 
 
All'aeroporto di Orly...
A Roma mentre Mel gira El Greco...
 
Shopping natalizio a Parigi...

All'aeroporto di Ciampino...

 
 
Rifiuta le sceneggiature che Kurt Frings le sottopone, resistendo alla tentazione di tornare sul set. Cukor, gli Zinnemann, gli amici che la visitano in quei mesi, intuiscono il tentativo di salvare il matrimonio, sotto l'incombente, torrida estate spagnola.
 


Ad un party a Madrid...
 
 
Conquistato irrimediabilmente dalla Spagna, influenzato dalle origini cubane dei suoi antenati, Mel acquista una villa in Costa del Sol, chiamata Santa Catalina, in onore del secondo nome, Kathleen, di Audrey, annunciando di volerla dirigere in una produzione da cinque milioni di dollari, Isabella Queen of Spain.
 
 
 
 
" E' cosi' esigente con se' stesso...", dice Audrey del marito, impegnata come tuttofare nelle produzioni di Mel, per stargli vicino.
" Ho pensato che accompagnandolo avrei potuto aiutarlo in un modo o nell'altro...".  
 
 
 
Il 23 ottobre 1964, My Fair Lady viene presentato a New York.
 

Audrey con Jack Warner e Rex Harrison



Audrey con Mel, Rex Harrison e Jack Warner
Dopo la prèmiere...
 
 
Il fatto che Audrey canti in playback sulla voce di Marni Nixon era trapelato durante le ultime settimane della produzione, e questo non fa' che accentuare l'asprezza di parte della critica, soprattutto londinese, implacabile nel sottolineare l'incongruenza tra il parlato e il cantato, sprezzando l'accento cockney di Audrey.
 


Alla première di Londra, 19 gennaio 1964

Audrey e Rex Harrison alla première londinese con la principessa Alexandra del Belgio
Audrey al ricevimento per la stampa al Savoy di Londra

Al Savoy con Cecil Beaton
 
 
In America l'accoglienza e' entusiastica, " La sua qualita' di attrice e il suo temperamento spontaneo danno vita ad un'Eliza completamente diversa, ma non meno affascinante di quella di Julie Andrews", decreta il New Yorker, unendosi ai superlativi del New York Times, che ne loda
" la fenomenale abilita' istrionica". " La perspicacia, l'intelligenza di Eliza viene interpretata d'istinto", scrive il giornalista newyorkese Alton Cook, " e la sua spassosa collera vulcanica cova sempre sotto le ceneri...".
 
Come on, Dover, move your bloomin' ass...
 
 
 
La tournée di promozione, che, dopo la prima di New York, tocca Chicago, San Francisco, Washington, Los Angeles, e, in Europa, Parigi, Londra, Roma, Madrid e Bruxelles, si conferma come uno straordinario successo di pubblico, confermando i pronostici degli estimatori.
 



A Chicago...




Alla conferenza stampa a Parigi


Con il coiffeur Alexandre all'Hotel Ritz prima della prèmiere

Prima della première...

 
Alla première di My Fair Lady, Theatre du Chatelet, 22 dicembre 1964, Paris





Audrey in Givenchy aspettando la première di My Fair Lady, Paris, 22 dicembre 1964









Ma questo non placa la sete di vendetta della Motion Pictures Academy verso Jack Warner, colpevole di aver assegnato ad Audrey la parte di Julie Andrews, ed indispettita dallo scambio di frecciate tra la Warner Bros., che dichiara di aver inserito l'autentica voce di Audrey nella meta' dei temi musicali, e la piccata smentita del marito di Marni Nixon, secondo cui sua moglie canta " in realta' il 99% delle note".
La disputa acquisce il clima sfavorevole ad Audrey, che nonostante il voto contrario di alcuni membri, viene apertamente ignorata dall'Academy.
My Fair Lady riceve dodici nominations. Nessuna per Audrey. Tra le candidate all'Oscar per la migliore attrice protagonista, spicca il nome di Julie Andrews, eroina di Mary Poppins.
Molto delusa e profondamente ferita, dopo essersi congratulata con la presunta rivale, scrive a George Cukor.
" Per quel che riguarda le nominations, credo di essere l'unica a non essere all'oscuro della situazione. Tutti sembrano cercare una spiegazione, che a me sembra molto semplice: la mia interpretazione non era all'altezza. Credo fermamente che se qualcuno ce l'avesse con Jack Warner o con me, o desiderasse garantire l'Oscar a Julie Andrews, le sue intenzioni sarebbero state vanificate se la mia bravura fosse valsa qualcosa.
Visto che My Fair Lady significava moltissimo per me, speravo segretamente in una nomination, ma non ho mai contato di ricevere l'Oscar.
Dunque, sono sì delusa, ma non sorpresa, come sembrano essere i miei amici.
Quel che mi stupisce, e' tutto il can can che ne e' seguito, e la pressione costante per farmi venire in California la sera della promozione...".
Jack Warner, dopo aver speso un milione di dollari di ingaggio per la protagonista di My Fair Lady, senza ricevere nemmeno una nomination, la prende meno bene.
Prendendo la parola ad un pranzo d'affari dopo aver appreso la notizia dell'esclusione di Audrey, finge di non ricordare il nome dell'interprete di Eliza. " Quella ragazza, come si chiamava?" chiede ad un allibito assistente.
" Non se la prenda" e' il messaggio di Katharine Hepburn, candidata otto volte all'Oscar, all'omonima Audrey. " Un giorno ne prendera' uno per un ruolo minore".
La notte degli Oscar, il 5 aprile del '65, quando pronuncia il nome di Rex Harrison come miglior attore, la sua gioia e' sincera. Abbraccia ripetutamente l'ex partner, che propone di condividere il premio con lei. " Credo di dover ringraziare due fair ladies", dice cavallerescamente il vincitore, rivolgendosi ad entrambe le partners, una seduta in platea stringendo la statuetta vinta per
Mary Poppins...
 

Audrey all'arrivo alla cerimonia dell'Academy Awards


Audrey con Julie Andrews, Oscar come migliore attrice per Mary Poppins


Audrey con Jack Warner, Oscar per il miglior film, Rex Harrison, Oscar come miglior attore, George Cukor, Oscar alla regia
per My Fair Lady

Audrey e Rex Harrison, Oscar come miglior attore in
My Fair Lady
 
Audrey non lascia trasparire la delusione, ma dentro di sé e' in tumulto. Dimentica di menzionare Patricia Neal, la ricca arredatrice di Colazione da Tiffany, convalescente da un attacco apoplettico, che avrebbe dovuto consegnare l'Oscar al posto suo, suscitando le ire del marito, Roald Dahl.
Quando gli telefona dall'aeroporto Kennedy, in attesa di partire per Parigi, la manda garbatamente al diavolo.
Questo episodio, anche successivamente al chiarimento con Patricia, niente affatto risentita e comprensiva dello stato di tensione a cui Audrey era stata sottoposta, unitamente al trattamento riservatole dall'Academy, e alle ricadute negative sulla sua immagine, le provocheranno un turbamento tale, che decidera' di allontanarsi dal circo mediatico, innalzando un muro ancora piu' alto intorno alla sua vita privata.
E sulla sua mancata candidatura aveva influito anche un altro episodio, legato all'allontanamento del suo addetto stampa dopo la fine delle riprese di My Fair Lady, che l'aveva indotta a tenersi lontana dalle consuete sfilate hollywoodiane pre-nominations.
 
Audrey con l'unico premio vinto per My Fair Lady, la Vittoria Alata,
teatro Marigny, Parigi, 29 ottobre 1965
Quest'episodio, di cui Mel era responsabile, avrebbe determinato non soltanto la rottura con Henry Rogers, a cui era legata da una duratura amicizia, ma anche una definitiva incrinatura nel rapporto con il marito.
Per volonta' dello stesso Mel, e all'insaputa di Audrey, Henry Rogers si era rivolto a Charles de Givenchy, fratello di Hubert e direttore commerciale della maison, per raggiungere un accordo finanziario in relazione alla stretta collaborazione sviluppatasi negli anni tra lo stilista e la diva, fotografata mentre indossava le sue creazioni, o nella pubblicita' del profumo creato appositamente per lei, L'Interdit, senza ricevere alcun compenso.
La cosa aveva destato il fastidio di Mel, secondo cui Givenchy aveva costruito un impero del valore di milioni di dollari servendosi di Audrey, e senza ricompensarla.
Nello stesso periodo, gli organizzatori del Festival di Cannes stavano cercando di convincere Audrey a presenziare alla cerimonia di apertura nel maggio del '65. Su suggerimento di Mel, e tenendone Audrey all'oscuro, Rogers aveva suggerito a Robert LeBret, presidente del festival, di creare un tributo speciale per lei, inducendola cosi'  a prendere parte alle celebrazioni.
" Audrey considerava da sempre Givenchy un dio", avrebbe ricordato Henry Rogers, " le aveva creato l'immagine, lei andava a tutte le sue sfilate, si faceva fotografare, e non riceveva un franco per il modo in cui faceva pubblicita' a Givenchy... Comprava il suo profumo al prezzo di vendita!  
Quando Mel mi disse di parlare con Charles, il direttore commerciale, mi sembro' un'idea equa.
Raggiungemmo un accordo in modo molto cordiale.
Ricevetti un messaggio da Audrey, che mi chiese di raggiungerla il prima possibile. Presi un'aereo per Ginevra, e in un attimo fui da lei, a Burgenstock.
Eravamo soltanto noi due, cosa che mi sembro' piuttosto strana, dato che Mel era sempre presente.
Cominciammo a cenare, Audrey aveva l'aria nervosa. Si mise a piangere a tavola.
" Come hai potuto intrometterti tra me e il mio miglior amico?", mi chiese alzando lo sguardo... Capìi che Givenchy le aveva parlato della mia visita e delle trattive con Givenchy. Le dissi di averlo fatto in accordo con Mel. Che lo sapesse o meno, la cosa non fece alcuna differenza. Non sopportava che una relazione intima, forse la piu' intima che avesse stretto con un uomo oltre a suo marito, fosse stata trasformata in una transazione commerciale.
 

Audrey con Hubert

Audrey con Guy de Rotschild e Hubert dopo la première di My Fair Lady

 
 
 
" Tu non capisci", mi disse con le lacrime agli occhi, " io non voglio niente da Hubert. Non ho bisogno del suo denaro. E' un mio amico. Se l'ho aiutato a costruire un'azienda di profumi, tanto meglio. E' esattamente cio' che un amico dovrebbe fare per l'altro. Se qualcun altro mi offrisse un milione di dollari per lanciare un profumo, non lo farei... ma Hubert e' un amico. Non voglio niente.
Si', voglio ancora entrare in profumeria e comprare il mio profumo al prezzo di vendita."
" Favre LeBret mi ha detto che hai provato a ricattarlo", aggiunse, " dicendogli che l'unico modo per convincermi ad andare a Cannes era quello di darmi un premio istituito apposta per me... Henry , non voglio piu' che lavori per me".
In questa situazione, fu chiaro che il loro rapporto di lavoro non avrebbe potuto continuare, e Rogers accetto' di scioglierlo per averla ferita involontariamente.
" Siamo rimasti buoni amici", ha ricordato ancora, " e sono tornato successivamente per darle dei consigli".
In realta', come lo stesso Rogers aveva subodorato, quell'allontanamento colpi' lui perché Audrey era ancora incapace di allontanare il vero responsabile delle trattative con LeBret e i Givenchy,
Mel Ferrer... 
Da quel momento, nonostante i volti sorridenti che mostrano in pubblico, il loro matrimonio comincia a prendere una piega irreversibile, anche se ci vorranno due anni prima di arrivare alla separazione. 
 
 
 
 
Audrey e Mel all'arrivo all'aeroporto di Heathrow per la première londinese di My Fair Lady, 19 gennaio '64
 
Nel '65 acquistano una fattoria del XVIII secolo a Tolochenaz sur Morges, comunita' di cinquecento anime nel cantone francofono del Vaud, sul lago di Ginevra e a mezz'ora dall'aeroporto.
E' ora di scegliere una scuola per Sean, e Audrey preferisce un'ambiente di cultura francese.
 
 
 
 
Nella villa di nove stanze, nota come La Plaisible,  e con un grandissimo granaio di cui e' entusiasta, crea un ambiente accogliente per Sean, foderando i divani e le poltrone perché possa giocare liberamente con i suoi amichetti.
" Una casa non e' un focolare domestico se un bambino e un cane non possono entrare nella stanza principale..."
 
 
 
In quel rifugio, lontano dai riflettori e dalle delusioni hollywoodiane, conta di ricaricarsi, ritirandosi a vita privata.
 
 
 
Dopo l'immenso successo di My Fair Lady, continua a rifiutare  i copioni che le vengono proposti.
" Rimpiango di non avere piu' tempo da dedicare a mio figlio Sean", dice ad un giornalista , " E mi si rimprovera di non lasciarmi coinvolgere nel circo hollywoodiano..."
 
 
 
Dopo aver raggiunto una tregua con Audrey, e' Mel ad insistere perché torni al lavoro, preoccupato del fatto che la moglie non abbia le sue stesse ambizioni.
Acquista i diritti di una piéce teatrale di Frederick Knott, autore di Delitto perfetto, che stava per debuttare a Broadway, Wait until dark, decidendo di produrla per la Warner, con Audrey come protagonista, e nota come " Gli occhi della notte".
Prima pero', Audrey accetta di girare un nuovo film, ancora una volta con William Wyler, regista di Vacanze Romane e di The Children's hour, e ancora una volta a Parigi...
 


 
 
Accanto a lei, nei panni di un investigatore che si spaccia per ladro, c'e' l'irresistibile ed enigmatico protagonista di Lawrence d'Arabia, Peter O'Toole, con cui da' vita ad una delle piu' accattivanti ed umoristiche commedie degli anni '60, grandissimo successo di pubblico,
How to steal a million... 
 
 

 
Figlia di un collezionista di opere d'arte, che in realta' e' un falsario, arricchitosi riproducendo in modo impercettibile i capolavori dei grandi maestri, Audrey, nei panni di Nicole Bonnet, si incarica di rubare dal Louvre la copia della Venere di Cellini, eseguita dal padre, prima che venga esposta e si scopra che è un falso, avvalendosi dell'aiuto di un affascinante detective, Simon Dermott...
 
 

 
 
I due, dopo una sequenza di rocambolesche avventure, si scopriranno innamorati l'uno dell'altra, sullo sfondo di una Parigi intrepida e scintillante...
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 

 
 
 
 








 

 

 
 
 
Attratta da una sceneggiatura accattivante e sofisticata, Audrey aveva preso la via per Parigi nel luglio del '65 per riconoscenza verso William Wyler, il regista che l'aveva scoperta e lanciata nel firmamento con Vacanze Romane. Vestita dall'abile amico Givenchy, con l'autorevole guida di Charles Lang alla fotografia, e affidata al talento di Alberto de Rossi, suo truccatore di fiducia,
Audrey e' entusiasta di tornare a Parigi se non per un dettaglio, l'idea di lavorare con lo scapestrato ed inquieto Peter O'Toole, la cui fama di canaglia dal focoso sangue irlandese lo precede dopo il successo di Lawrence D'Arabia...
 
 
 
Ma se Audrey è preoccupata e perplessa al pensiero di avere un partner vulcanico ed irrequieto, Peter si sente terribilmente inadeguato di fronte ad una star sofisticata ed irraggiungibile come Audrey Hepburn...
 
 
 
Contrariamente a tutte le previsioni, e a dispetto degli infondati timori dei protagonisti, la loro intesa sara' un successo...  
 


 
 
" Audrey mi ha veramente sorpreso.
Pensavo di avere a che fare con una smorfiosa pronta a tutto pur di non sporcarsi le mani.
Sapeva darsi da fare e divertirsi un sacco...", scrive Peter nel suo libro di ricordi.
          
 
 
 
 
 
" Nella sequenza in cui cercavamo di recuperare in un museo una delle creazioni di suo padre, ci nascondiamo in un armadio a muro. Buona parte della scena fu realmente girata in quello spazio ristretto e abbiamo fatto conoscenza.
 
 
 
 
Eravamo sulla stessa lunghezza d'onda. Audrey diceva che la uccidevo, ed e' vero che molte inquadrature furono sciupate perché io e lei ridevamo da matti.
 






 
 
William Wyler si arrabbiava, con me, non con la sua piccola cara Audrey. Credo fosse l'unica in grado di rabbonirlo.
 




 
 
Lei era deliziosa e lui in adorazione. Ricordo che le mandava dei fiori per decorare il camerino, esclusivamente fiori bianchi" .
" Ho visto in Willy, quando Audrey lavora, un sentimento di ammirazione , sia professionale che personale.
Audrey " appartiene" a Wyler, e non gli importa che tutti lo sappiano".
  
 
 
" Siamo cosi' profondamente in sintonia che non abbiamo bisogno di parlare", conferma Audrey del suo rapporto con il regista. " Io mi accorgo quando lui intuisce che qualcosa non va'...". 
 

 
 
Accanto all'interprete di Lawrence d'Arabia, realizzando la profezia di Gregory Peck, partner di Vacanze Romane, che ne aveva indovinato il talento naturalmente comico, Audrey veste i panni di Nicole Bonnet con un fascino e una spontaneità non valorizzati in altri ruoli, facendole dimenticare l'impegno estenuante di My Fair Lady, e dando vita ad una commedia thriller dai ritmi intriganti, attraversata da un sottile umorismo d'improvvisazione.
 







 
 
" Cosi' va bene", dice Peter/Simon ad  una Audrey intrufolatasi nel museo nelle vesti di addetta alle pulizie. " Bene per cosa?", chiede lei di rimando.
" Be', per dare un giorno di pausa a Givenchy..." 







 
 
" Stavamo girando in esterna a Parigi, " ha raccontato ancora Peter O'Toole, " e d'un tratto il clima è diventato freddissimo. Audrey doveva attraversare la strada, salire su una macchina che l'aspettava e andarsene, ma la poverina era livida per il freddo. La luce diminuiva, bisognava fare qualcosa. L'ho portata in una roulotte e le ho dato da bere un bicchiere colmo di cognac.
E' diventata tutta rosa, e' saltata fuori dalla roulotte, e' corsa felice verso l'auto, ci e' saltata dentro e ha messo in moto portandosi via cinque riflettori. I macchinisti sono riusciti a buttarsi sul marciapiede per evitarla...".
 
 
 
 
Ma dietro al buonumore e all'atmosfera scintillante del set, traspare una profonda malinconia nello sguardo di Audrey, sempre piu' distante da Mel e lontana da Sean, che rivede soltanto nei fine settimana in cui torna a Tolochenaz.
 






 
 
 
" C'erano modestia, e tristezza, nel suo carattere", ricorda O'Toole, nel cogliere le delusione della collega per il fallimento del matrimonio. 
 




 
 
" Non ne faceva cenno, ma sembrava circondata da un'alone di tristezza.
Provava a scacciarla ridendo, ma quando smetteva di ridere, si sentiva il suo cuore sul punto di spezzarsi.
 
 
 
Mi sono innamorato di Audrey Hepburn durante la lavorazione.
Avrei voluto confortarla. Ma non ho detto una parola in proposito, cosa che non mi appartiene per niente. Era chiaro che Audrey si reggeva a un filo e che la minima allusione al motivo del suo smarrimento l'avrebbe fatta sprofondare". 
 

 
 
A settembre, durante le riprese di How to steal a million, Mel le fa' visita a Parigi, per raggiungere un accordo sul ruolo che avrebbe dovuto interpretare in Wait until dark, con cui stava cercando di concludere un contratto con Jack Warner.
Piu' per salvare l'unione matrimoniale che per convinzione, accetta di girare un thriller che si sarebbe dovuto realizzare due anni dopo, in cui interpreta il ruolo di una donna non vedente, perseguitata da un criminale in cerca di un pacco di eroina nascosto in casa sua.
 
Audrey e Mel al Saint Jaques, Parigi, 25 novembre 1965

 
 
Dopo la visita di Mel, e prima di finire le riprese, scopre di essere di nuovo incinta.
Entusiasta, accantona l'idea della separazione, passa le vacanze natalizie a La Plaisible, addobbando la casa e arredando la camera per il secondo figlio, nell'illusione di salvare un matrimonio che, nelle testimonianze datane dagli osservatori, viene descritto naufragato da anni.
 
A Zurigo...
 
 
" Audrey avrebbe voluto dedicare tutta sé stessa a rimettere insieme i pezzi con Mel", racconta un amico vicino alla coppia. " Ammettere una sconfitta non era nella sua natura, né conforme ai suoi ideali, continuava a pensare che il segreto di un matrimonio riuscito stesse nell'attenzione che si  
era deciso di dargli".
 
 
 
" Suppongo che lei avesse veramente voglia che il matrimonio andasse bene", e' l'opinione di Yul Brynner, " era cosi' leale, gentile, umana... Mel era geloso del suo successo, non poteva accettare il fatto che lei fosse migliore di lui in tutto, e si e' vendicato. Alla fine, lei non poteva piu' sopportarlo.
Dio soltanto sa se non ha fatto tutto il possibile per salvare il matrimonio...".
 
Audrey con Yul Brinner e sua moglie Doris
Con Mel a La Plaisible
 
 
Nel gennaio del 1966, Audrey ha un aborto spontaneo. Sprofonda in uno stato di depressione profonda, la frattura con Mel e' sempre piu' incolmabile.
" Adesso comincia sentirsi molto meglio", scrive lui al padre di Audrey alla fine del mese, " e' di nuovo in piedi, le sue condizioni fisiche e il suo umore sono migliorati parecchio, anche se non le permettono di fare granche', rimarra' qui, in completo riposo, per quattro mesi".
Ma soltanto alla fine di marzo e' nuovamente in forze. " Finalmente sole e vero riposo", scrive a suo padre da  una stazione sulle Alpi. " Tutte le mattine vado a camminare, nei pomeriggi nuoto, e dormo molto... sto' di nuovo bene, e non mi sento piu' cosi' triste.
Riprendo a lavorare il primo maggio, prima a Saint Tropez e poi a Parigi, un copione magnifico!".
Durante la convalescenza, il suo agente le aveva mandato molte sceneggiature, che aveva rifiutato.
Quando Stanley Donen, suo vecchio amico, regista di Cenerentola a Parigi e Sciarada, atterra a
La Plaisible, sventolando il copione di Two on the road, accetta senza ripensamenti.
" Quando e' arrivato il progetto di questo film, avevo cosi' tanta voglia di andarmene da casa che prima di accettare ho letto a malapena la sceneggiatura", avrebbe detto successivamente, anche se  il soggetto, non fiabesco, ma ispirato ad una vicenda di realismo conflittuale, la spaventa.
 
 
 
 Mel, dopo aver letto la prima stesura, la incoraggia ad accettare. " Quando lessi il copione di Two on the road, le dissi che doveva accettare, subito...Sapevo che sarebbe stato un grande cambiamento per lei".
 

 
 
Oltre a rappresentare una sfida per la sua carriera, Two for the road segno' un cambiamento radicale per Audrey, da cui usci' profondamente trasformata, nella vita e nel lavoro. 
Quando compare sugli schermi nei panni di Joanna, la moglie trasgressiva ed adultera protagonista del film, tutti rimangono ammaliati ed increduli dalla trasformazione della principessa di Vacanze Romane, della sofisticata avventuriera che indossa Givenchy, in una donna reale degli anni '60, che parla slang disinvolto e si mostra in scene di semi-nudo, vestita con le stampe e i motivi geometrici dai colori accesi di Ken Scott, Mary Quant e Paco Rabanne, lungo i dodici anni in cui si snoda la trama.
 


 
 
 
 Narrato secondo linee temporali discontinue, nello stile della Nouvelle Vague francese,
Two on the road e' la storia di un matrimonio, dei suoi chiaroscuri, delle sue sfumature, in un susseguirsi di sentimenti, emozioni, solitudini, abitudini e rimorsi, incomprensioni e solidarieta',
speranze e infedelta', in un viaggio di ricordi dall'incontro alla separazione, in cui il personaggio sullo fondo, che accompagna i protagonisti nelle sue imprevedibili svolte ed asperita', e' la strada... 
 



 
 
 
Dopo quello di Holly Golightly, l'estrosa svitata Colazione da Tiffany, quello di Joanna Wallace è il ruolo piu' difficile che Audrey deve affrontare, visto nell'evoluzione attraversata dai diciotto ai trent'anni.
Aspra e spesso cinica, Joanna e' una donna che cambia e si trasforma, che non assomiglia a nessuno dei ruoli interpretati in precedenza, e le cui caratteristiche, non sfumate rispetto alla versione originale scritta da Frederic Raphael, come era accaduto con la Holly di Capote, non hanno niente in comune con il temperamento delle monelle sofisticate ed aristocratiche che avevano reso celebre Audrey Hepburn.
 
 
 
La vita di Joanna, con le sue contraddizioni, rievoca in modo sorprendente le vicende parallele della stessa Audrey, il cui matrimonio, entrato nel dodicesimo anno come quello della protagonista di
Two for the road, e' fallito, esattamente come quello sullo schermo.
" Audrey era in grado di dare interpretazioni dello stesso dialogo molto diverse tra loro", ha sottolinea lo scrittore Raphael, autore della sceneggiatura di Two on the road.
" Sapeva sempre cos'era corretto, e poi poteva provare il testo tutte le volte che volevamo.
Non c'era niente di melodrammatico nella sua esibizione, combinava con grande padronanza naturalezza e professionalità ".
 











 
 
 
 
Cominciate nel sud della Francia alla vigilia del suo trentasettesimo compleanno, le riprese fanno nascere un'intesa immediata tra Audrey e il protagonista maschile, il gioviale e ribelle Albert Finney, idolo della sua generazione dopo il successo di Tom Jones, di sette anni piu' giovane  lei.
In Albert, intelligente e con uno spiccato senso dello humour, Audrey trova il complice ideale per lasciarsi andare ad una gioia di vivere che non conosceva, assaporando una nuova liberta'.
" In quel momento ho visto una Audrey che non conoscevo", ricorda il regista Stanley Donen,
" mi ha sbalordito! Era talmente libera, felice, non l'avevo mai vista in quel modo...
Cosi' giovane!".  
 
 
 
E' lo stesso Finney a parlare apertamente della sintonia sbocciata tra di loro...
" Audrey ed io ci siamo incontrati in un'atmosfera propizia, inizio ci siamo intesi alla perfezione.
Quando interpretavo una scena con lei, la mia mente sapeva che recitavo, ma ne' il mio cuore, né soprattutto il mio corpo ne erano al corrente...
Mi turbava molto girare con lei. In una scena d'amore con una donna attraente come Audrey, il confine tra finzione e realta' sfuma facilmente...".
Come due adolescenti disinvolti, fingendo una goffa formalita'  quando Mel compare sul set, 
Audrey ed Albert vivono un'intensa storia d'amore sotto il sole della Costa Azzurra, tentando di mantenere un'alone di discrezione intorno ad un'intesa che, agli occhi della troupe, e'  evidente ad ogni sguardo...
 

 
 
 
" Audrey e Albie si intendevano alla perfezione", ha ricordato lo sceneggiatore e romanziere Irwin Shawn, vicino di casa di Audrey in Svizzera, che visito' spesso il set di Two on the road,
" si capivano al volo con scherzi e allusioni che nessun'altro capiva. Erano attraenti e buffi...
Quando Mel arrivava sul set, era divertente vederli, improvvisamente sembrava che dovessero comportarsi da adulti...".
 
 
 
 
" Amo Albie ", ammette Audrey, senza lasciar trapelare altro, " e' straordinariamente divertente...". 
Ma questo non fa' che solleticare la curiosita' intorno a quel flirt nato fulmineo come un temporale estivo, e che altrettanto rapidamente si conclude alla fine delle riprese, dopo che il pettegolezzo, riportato dai giornali, e' costato ad Audrey una promessa di divorzio, con il rischio di perdere l'affidamento di Sean. Secondo alcuni amici vicini alla coppia, Mel avrebbe informato la moglie che avrebbe chiesto il divorzio, specificando l'adulterio nella causa di separazione, se non avesse interrotto la relazione con Finney.
 







 

 
 
" Ricordo che c'era tensione tra i miei genitori in quel periodo",  ha detto in seguito Sean, che all'epoca aveva sei anni. " Soltanto dopo molti anni ho realizzato che era dovuta alla storia di mia madre con Albert Finney durante le riprese del film ". 
 
 
 
Quella di Joanna Wallace rappresenta, secondo Stanley Donen, l'interpretazione migliore della carriera di Audrey, capace di esprimere uno spessore ed un'intensita' estranee ad altre interpretazioni, derivanti dall'essersi confrontata lei stessa con le ambiguita' del proprio matrimonio.
" La parte richiedeva una gamma di emozioni, una maturita', che Audrey non aveva mai messo in atto prima di allora ", ha ricordato Donen, anticipando il giudizio della critica internazionale, a cui tuttavia non corrispose un apprezzamento unanime da parte del pubblico.
 

 
 
Quando Two for the road fu presentato negli Stati Uniti, il pubblico americano fu sorpreso dal cambiamento d'immagine, come Audrey aveva presagito, non identificandosi in quel personaggio talmente reale da non lasciare spazio al sogno, con una reazione opposta a quella registrata in Europa, piu' avvezza ad una cinematografia che parlasse di conflitti, anziché di sogni.
Two on the road segna la fine della commedia romantica nella carriera di Audrey, e l'inizio di una svolta radicale nella vita privata.
 


 
 
Ricordando quel film anni dopo, Audrey parlo' del suo legame con il regista, Stanley Donen, piu' che di quella storia d'amore vissuta con una spensieratezza unica nella sua vita sentimentale.
" La mia vita non e' stata sempre felice... Ma con Stanley mi sono sempre trovata bene sul set.
Mi faceva ridere, ed era una cosa che mi faceva stare bene...".
 
 
 
Dopo aver terminato le riprese, nel gennaio del 1967 invita la stampa hollywoodiana ad un high tea all'inglese, in cui il tea viene servito da una fontana in argento, accompagnato da panini al cetriolo e pasticcini, senza l'ombra di alcolici, per presentare il film in cui lei e Mel tornano a lavorare insieme, Wait until dark.
 
 
 
Ma quell'incontro, ufficialmente organizzato per parlare del nuovo lavoro e del suo look all'avanguardia, e' un pretesto per smentire le voci insistenti di una imminente separazione tra lei e Mel, la cui unione sembra ormai definitivamente compromessa dopo le indiscrezioni sulla relazione con Albert Finney.
 
 
 
 
 
Prodotto da Mel Ferrer e diretto da Terence Young, Wait until dark e' un thriller di grande suspence ed effetto, in cui Audrey interpreta con eccezionale realismo il ruolo di Susy Hendrix, una giovane donna non vedente, perseguitata da un criminale in cerca della droga nascosta in una bambola, finita a casa di Susy a sua insaputa. 
 
 
 


 
 
" Avevo accettato con grande piacere la parte della " giovane donna cieca campionessa del mondo", come la definisce una battuta della sceneggiatura, anche se questo ruolo mi angosciava molto", ha raccontato la stessa Audrey in un'intervista dell'epoca. " La produzione voleva che ostentassi segni evidenti di cecita', come un paio di occhiali scuri, cosa che mi risultava sgradevole. Detesto gli effetti speciali. L'unica possibilita' che avevo era quella di ricreare dentro di me la condizione di  cecita' , per fare arrivare al pubblico l'illusione della cecita' almeno per un istante.
Ed e' a quel punto che due avvenimenti straordinari mi fecero capire come affrontare questa interpretazione, in modo da renderla veritiera.
Per qualche settimana mi misi a frequentare quotidianamente il Lighthouse di New York, istituto che si occupa dei non vedenti. Mi bendavo gli occhi, in modo da capire in prima persona cosa significhi essere ciechi, e quindi salire e scendere in ascensore, cercare un oggetto per terra, preparare da mangiare. E poi ho avuto un'altra, potrei definirla benedizione, ho incontrato una ragazza che era veramente diventata cieca, e le ho chiesto " Fammi un favore, attraversa la stanza". Mi sedetti su una sedia e la guardai mentre attraversava la stanza. Aveva dei magnifici occhi neri, brillanti.
Si stentava a credere che non ci vedesse. E in questo modo ho avuto conferma che  c'era bisogno di segni esteriori di cecita', né di occhiali con lenti fume'...".
 
 
 
 
 
Sul set Audrey incontra di nuovo Terence Young, il paracadutista inglese ferito nella battaglia di Arnhem, che aveva assistito come volontaria in un ospedale olandese '45, divenuto regista di successo, e fresco dei primi due film di James Bond, Licenza di uccidere e Dalla Russia con amore...
" Ci muovevamo con delle bende sugli occhi", ha ricordato Terence Young, parlando delle visite al Lighthouse. " Io perdevo la pazienza, mentre Audrey era perseverante e ha imparato a cavarsela senza vedere. Questa cosa la affascinava. Mi parlava del contatto con le cose, delle sonorita' con una tale precisione che mi resi conto che stava scoprendo un nuovo modo di conoscere l'ambiente circostante".
 
 
 
Le riprese, svolte da gennaio ad aprile del '67 in condizioni assai complesse, furono aggravate dalle tensioni continue tra Audrey, angosciata per la lontananza da Sean, e a conoscenza delle distrazioni del marito, intento a fare provini a giovani attrici per i suoi film successivi, e Mel che, oltrepassando con noncuranza il suo ruolo di produttore, tendeva a comportarsi come se fosse agente, manager e regista, creando un clima di attrito insopportabile sul set.
 
 
Audrey sul set di Wait until dark con Henry Mancini e Terence Young


Sul set con il sindaco di New York
 
 
L'unico momento di distensione, era la pausa per il tea all'inglese che Audrey e Terence Young facevano fare alla troupe tutti i pomeriggi, alle quattro in punto.
Audrey serve personalmente tea, dolci e panini a tutti i tecnici e agli attori.
" Quando ci ripenso", ha ricordato il suo partner nel film, Richard Crenna, " mi sembra impossibile che ogni giorno bevessimo il tea nelle tazze di porcellana, pensate un po'.
Nessuno oltre ad Audrey avrebbe avuto un'idea simile... Questa cosa creava un clima cameratesco, privo di quell'eccesso di familiarita' che deriva da un bicchiere bevuto insieme in un angolo.
Era il tea servito con tutta la buona creanza di Audrey...".
Nonostante le difficolta' della lavorazione, Wait until dark si conferma un film di grande fascino, successo di critica, che loda l'interpretazione della protagonista,di pubblico, ipnotizzato dalla personalita' magnetica di Audrey, e che le vale la quinta nomination all'Oscar, vinto quell'anno dall'omonima Katharine con " Indovina chi viene a cena".
 
 
 
 
 
 
 
 
Dopo la fine delle riprese, ritorna a Tolochenaz da Sean.
" Passera' molto tempo prima che faccia un altro film.
Ho promesso a mio figlio almeno duemila ore del mio tempo...".
 
 
 
Wait until dark segna una fase definitiva nella trasformazione cominciata con Two on the road,
e la conclusione, a trentotto anni e cinque nominations all'Oscar, della carriera di
Audrey Hepburn.
 
Cecil Beaton, 1963. Copyright Conde' Nast Publications
 
 
" Ho lasciato il cinema quando mio figlio Sean ha raggiunto l'eta' scolastica", avrebbe detto in seguito. " Avevo sempre desiderato dei figli cosi' tanto, che mi sentìi malissimo quando dovetti andare in America e girare Wait until dark.
Non sopportavo di stare lontana da lui, e smisi di lavorare".
" Le piacevano le cose semplici", ha ricordato Sean, rievocando le immagini in cui sua madre amava badare alle rose del giardino, cucinare con il cuoco, aiutarlo nei compiti.
" Ogni volta che doveva uscire per andare a una cena o a un cocktail, mi diceva:
" Oh, se soltanto potessi restare a mangiare in cucina con te !".
Nel luglio del '67 scopre di essere di nuovo incinta. Due mesi dopo ha un aborto spontaneo.
Questo episodio drammatico, con lo sconvolgimento e le tensioni che ne seguirono,
mette la parola fine al matrimonio tra Audrey e Mel.
Un laconico comunicato del primo settembre 1967 annuncia ufficialmente la separazione.
 Audrey Hepburn e Mel Ferrer si sono separati dopo tredici anni di matrimonio. 
Mel Ferrer si trova a Parigi e Mrs. Hepburn nella loro abitazione in Svizzera, con il loro figlio
Sean, di sette anni ".
 
 
 
 
 
 
 
 
" Quando il matrimonio è andato in pezzi e' stato terribile", avrebbe detto Audrey anni dopo.
" Non so dire fino a che punto sono rimasta delusa. Ho tentato di tutto. Essere sposato con una persona universalmente celebre, essere riconosciuti ovunque, occupare il secondo posto sullo schermo e nella vita, non e' facile. Quanto ha sofferto Mel!
Credetemi, la mia carriera la facevo venire dopo di lui.
Il successo non e' cosi' importante per me. Quando è nato il bambino sentìi di avere quello che una donna puo' desiderare. Ma a un uomo questo non basta.
A Mel non bastava.
Non riusciva a vivere con sé stesso, ad essere soltanto il marito di Audrey Hepburn...".
 
 
 
" La separazione dei miei genitori e' stata dura ", ha ricordato Sean, " non litigarono mai di fronte a me, ma fin da piccolo capivo che qualcosa non andava.
Quando si separarono, in un certo senso fui sollevato, finalmente capìi perché le cose sembrassero diverse da come venivano presentate...".
 
 
 
" Non parlava mai male di Monsieur Ferrer ", ha rammentato Givenchy, " nemmeno quando le cose andavano male tra loro e lei faceva concessioni enormi per salvare il matrimonio ".
Benche' non denigrasse apertamente Mel di fronte a Sean, la sensazione fu quella che Audrey lo considerasse l'unico responsabile del fallimento, " ed in un certo senso era cosi', perché lui era il piu' difficile. Era un uomo pieno di talento, colto, che gioco' un ruolo importante nelle scelte di mia madre, e nella qualita' dei ruoli che interpreto', ma non era una persona facile, comunque lo si consideri.
Penso siano stati entrambi responsabili del fallimento del loro matrimonio, lei per avervi proiettato un immagine irreale, che non fu mai, e lui per non essere riuscito a superarsi, a superare il fatto che non avrebbe soddisfatto la propria ambizione di diventare un attore, un regista, un produttore di fama mondiale ".
 
 
 
 
 
 
" Ancora non so quale fosse il problema, e' stata Audrey a chiedere il divorzio ", avrebbe detto Mel anni dopo, " ho contribuito moltissimo alla sua carriera, e sono felice di averlo fatto. Non ne ho tratto alcun beneficio, non ero in concorrenza con lei, e non ne avevo il controllo. Non penso si potesse competere con Audrey, non c'era motivo di provarci".
Ma si lascio' sfuggire qualcosa di molto significativo...
" E' naturale che sorgano dei problemi quando una moglie surclassa il marito ", confesso', confermando le sensazioni di quanti avessero avuto a che fare con loro,   
" come capito' ad Audrey con me ".
 
 
 
 
 
Dopo la separazione, Audrey non pensa al divorzio, confidando in una riconciliazione.
" Sarebbe stata possibile ed era cio' in cui lei sperava ", racconta un amico, " ma con il passare dei mesi Mel ha trovato piu' stimolante lavorare che tornare in famiglia...".
Quando porta Sean a Marbella per le vacanze dell'inverno '67, Mel non li raggiunge, preferendo farsi fotografare in compagnia di giovani star hollywoodiane.
Alcuni amici le offrono il loro sostegno, trascorre il Capodanno in un locale madrileno in compagnia di Don Alfonso di Borbone Dampierre, pretendente al trono di Spagna.
" Sono guarita del tutto. Ora sono libera e in pace ", riporta la stampa europea.
" E' in questo momento che ha smesso di farsi dei rimproveri ", dira' Henry Gris, uno dei rari giornalisti di cui si fidasse, e con cui ebbe un rapporto di amicizia.
" Aveva superato lo shock della separazione, e cominciava a godere della sua liberta' ".
 
 
 
Per quanto avesse desiderato condurre una vita normale, la vita di madre single, che si occupava soltanto di gestire La Paisible, non poteva appagare le esigenze di vita di quella che era stata, e di fatto era tuttora, una star del cinema mondiale, un'icona di stile, una celebrita' pluripremiata, immortalata sulle copertine delle piu' note riviste americane ed europee.
La liberta' e la pace che aveva vagheggiato, traendone conforto nei momenti di tensione, cominciarono ben presto ad apparirle per quello che erano, illusori tentativi di sfuggire alle pressanti esigenze dello star system, che non sostituivano le gratificazioni della notorieta'.
I registi, i set, gli agenti, i servizi fotografici, gli scatti rubati, le prove costumi, i progetti, le discussioni, le prove di canto, le interviste, le conferenze stampa, le sessioni di trucco, i copioni, le sceneggiature da riscrivere, le battute da studiare, le inquadrature, gli scherzi, le rivalita' tra colleghi, tutto quello che il cinema le aveva dato, aveva lasciato spazio ad un vuoto che non poteva colmare nelle vesti di castellana de La Paisible...
 
Cecil Beaton, 1964
 
Audrey wearing Valentino for Vogue, Paolo Barbieri, 1969
 
 
L'amore per Sean, per cui aveva lasciato quel mondo, non spegneva il desiderio di compagnia adulta che, dopo la separazione e l'allontanamento dalle scene, le mancava, come le mancavano tutti gli aspetti legati alla sua scintillante vita pubblica.
 
 
 
Era, come ha ricordato Givenchy, " profondamente infelice", di nuovo vicina ad un tracollo totale.
Fu allora che lei e Sean cominciarono a frequentare intensamente Roma, ospiti della contessa Lovatelli, sorella di una delle ex mogli di Henry Fonda, che, nell'intento di alleviarne la solitudine, organizza incontri romantici per l'amica, accompagnandola a ricevimenti, eventi sportivi, giornate al mare.
 
Con Sean sulla scalinata di Trinita' dei Monti, Piazza di Spagna
 
Audrey con i conti Lovatelli ad un party a Roma, 1968


 
 
Ed e' cosi' che la dolce vita romana di Audrey Hepburn, immortalata dagli intraprendenti e fantasiosi paparazzi, divenuti famosi come le star che inseguivano,
ha ufficialmente il suo inizio.
Che la festa incominci...
 
 
Elio Sorci









 
 
 
 
Audrey paparazzata da Elio Sorci con il mitico Rino Barillari


 
 
Dopo l'incontro con Alfonso di Borbone, esauritosi in breve tempo, Audrey si intrattenne con il matador ed esperto di ballo Antonio Ordonez, il quale sosteneva che la danza classica fosse la metafora delle sue movenze nell'arena. Amico di Hemingway e di Orson Wells, oltre che ad intendersi di balletto, Ordonez conversava abilmente di cinema, il che fece pensare all'intrepida contessa di aver combinato un'unione destinata al successo, ma non fu cosi'.
Senza lasciarsi scoraggiare, e decisa a tentare il tutto per tutto, presento' ad Audrey il principe e banchiere Marino Torlonia, appartenente ad una delle piu' antiche casate della nobilta' romana, discendente da un papa, e consigliere del Vaticano su questioni finanziarie. Dopo qualche scatto immortalato all'uscita da un ristorante e da una sala concerti, anche il tentativo numero tre si risolse con un niente di fatto...
Nell'autunno del '68, Audrey torna in Svizzera per i dettagli definitivi del divorzio da Mel Ferrer.
In seguito, i rapporti tra lei e Mel saranno pressoche' inesistenti, lasciando agli avvocati il compito di dirimere le questioni legate al loro ormai dissolto matrimonio.
" I miei genitori non si parlarono per venticinque anni ", ha detto Sean. " Be', una volta sì, alla mia laurea e quindici anni dopo, al mio primo matrimonio..." .
In quel momento, dopo aver tentato invano di evitarlo in passato, Audrey ha una ragione speciale per desiderare di affrettare il divorzio, e questa ragione ha un nome, Andrea Dotti...
 
 
 
Conosciuto durante una vacanza a bordo del panfilo della principessa Olympia Torlonia,  Andrea Dotti non e' un principe, ma vanta il titolo di conte, essendo figlio del conte Domenico Dotti, e di Paola Roberta Bandini, già contessa Dotti, risposata con Vero Roberti, corrispondente da Londra di un noto quotidiano milanese.
Psichiatra e docente all'universita' di Roma, di nove anni piu' giovane di Audrey, Andrea si divide tra la professione e le feste romane, in cui il suo fascino riscuote successo, e ad Audrey offre un appoggio equilibrato, aiutandola a superare lo stato depressivo successivo al divorzio.
Entrano rapidamente in un' intimita' crescente, tanto che Andrea, da sempre invaghito della star di Vacanze Romane, parla di colpo di fulmine al ritorno dalla vacanza galeotta.
E anche Audrey, che si risveglia lentamente all'amore, sembra conquistata dal fascino fanciullesco e al tempo stesso affidabile del giovane psichiatra. 
" E' caduto dal cielo. E' un uomo cosi' entusiasta, cosi' allegro, e man mano che comincio a conoscerlo, trovo che e' un uomo intelligente, dai sentimenti profondi ".
 
 
 
" Sono di nuovo innamorata e felice ", confida all'amico Givenchy, " non credevo potesse accadermi, avevo quasi rinunciato...". Si incontrano a Parigi quell'autunno. " Dopo che ebbe conosciuto monsieur Dotti ", ha ricordato lo stilista, " comincio' a rianimarsi, non del tutto, Audrey non era cosi', ma era felice, e il suo corpo comincio' a darne segno ".
Dopo un corteggiamento lampo e romantici fine settimana sull'isola del Giglio,
alla vigilia di Natale del '68 Andrea Dotti chiede ad Audrey di sposarlo, offrendole un anello di Bulgari con solitario e rubini.
La sua proposta viene accolta.
 
 
 
Secondo alcuni amici, nonostante l'entusiasmo, Audrey avrebbe avuto qualche esitazione a sposarlo, memore del precedente fallimento matrimoniale.
" Non voleva che un futuro marito si trasformasse in una celebrita' di secondo piano, conosciuto per aver sposato la diva Audrey Hepburn. Sapeva quanto questo potesse nuocere all'amor proprio di un uomo, alla sua reputazione professionale, in particolare in un campo in cui la discrezione e' fondamentale", avrebbe detto al suo ex addetto stampa, Henry Rogers.
" Gli aveva detto che le donne avrebbero potuto provare attrazione per lui, perché era sposato con una diva ", ha ricordato anche Givenchy, " e che questo avrebbe potuto comportare dei rischi per la sua reputazione professionale ".
Ma Andrea Dotti respinge ogni scrupolo, attratto dall'idea di sposare la donna che l'aveva fatto sognare, guardandola scorrazzare per Roma a bordo di una vespa...
 
 
 
Mentre Mel Ferrer conosceva i retroscena della celebrita', Andrea Dotti ne era affascinato.
Tutta la sua famiglia e' entusiasta del fidanzamento.
" Sara' la nuora ideale ", dichiara Paola Roberta Bandini, contessa Dotti. " Nel corso degli anni, Andrea ha sempre parlato di sposarsi e di avere molti figli, ma non e' mai stato capace di decidersi.
Ha continuato a studiare e a pensare alla carriera, a parlare di matrimonio, e a rimettersi a studiare. Ma quando e' tornato dalla crociera, era profondamente innamorato.
Per tutta la famiglia e' la donna perfetta, e per questa ragione la differenza d'eta' non conta."
 
 
 
Presenta Audrey alla famiglia al completo, insegnandole i dettagli della cucina italiana.
" Andrea ha due personalita' distinte ", avverte la contessa con aria profetica, " e' molto serio e molto socievole. Lo chiamavo dottor Jeckyll, perché si chiudeva studiare per ore. Poi, finito il lavoro, era molto impaziente di uscire. Ho sempre incoraggiato i miei ragazzi a spassarsela da giovani. Non e' opportuno iniziare la vita troppo tardi, non si imparerebbero mai le buone maniere...". 
Il 6 gennaio 1969, al muro del piccolo ufficio postale di Tolochenaz sur Morges, sono affisse le pubblicazioni del matrimonio tra "Andrea Paolo Mario Dotti, di anni 30, medico psichiatra,
e Audrey Kathleen Hepburn, di anni 39, cittadina britannica ".
Il 18 gennaio, Madame Battaz, ufficiale dello stato civile della citta' di Morges, unisce in matrimonio il medico e l'attrice, di fronte ad una trentina di invitati.
 
 





 
 
Testimoni della sposa sono Doris Brynner, moglie di Yul, e l'attrice Germaine Lefebvre, nota come Capucine, quelli dello sposo, Paul Weiller,  petroliere francese sposato con la principessa Olympia Torlonia, e il pittore Renato Guttuso.
 
 
 
Per gli amici intimi di Audrey, le cose si erano succedute con allarmante rapidita', secondo la sposa, divenuta contessa Dotti, " Ho sposato un uomo dalla cultura illimitata, e le cui conversazioni sono infinitamente affascinanti ", come dichiara dopo la cerimonia, indossando il famoso abito di jersey rosa, con foulard intonato, disegnato per lei dall'amico Givenchy.
 


 


 
 
In uno degli scatti di quel giorno, un'immagine la riprende mentre si morde il labbro, in un gesto teneramente adolescenziale.
" Avevo l'impressione di avere dodici anni, vent'anni, non lo so ", avrebbe ricordato di quel giorno, parlandone anni dopo. " Mi ricordo soltanto che mi sentivo felice, deliziosamente felice, e Andrea mi teneva per mano."
 
 
 
Vanno a vivere in un attico con vista mozzafiato sul Tevere, divino, nelle parole di Audrey, sotto a cui si assiepano i paparazzi, incoraggiati da Andrea, che si diverte a concedere qualche intervista, con grande disappunto della celebre consorte.
 
 
 
" Certo che mia moglie tornera' a girare film ", comunica entusiasta, " e' una grande attrice, sarebbe assurdo privarla  di una cosa che ama ".
Ma Audrey e' ormai intenta a trasformarsi nella moglie di uno stimato psichiatra, a diventare italiana nelle abitudini e nell'aspetto, a godere finalmente di quella liberta' che non aveva mai vissuto fino ad allora...
 





 
 
Accompagna Sean al liceo Chateaubriand, veste italiano, va' a pranzo con le amiche al Bolognese di Piazza del Popolo, si lascia sorprendere mentre fa' shopping in via Condotti o in via Frattina, mentre passeggia mano nella mano con Andrea, o nei piccoli cinema del centro, come una coppia di innamorati qualsiasi, o a ballare nei locali alla moda, o nei ristoranti affollati, in compagnia di artisti e scrittori.
 
 

 





Alla sfilata di Velentino, in basso a sinistra...
 


 
 
 
" E' la bonta' e la gentilezza in persona...", dice di Andrea agli amici, " e, sapete, non se ne vergogna, e' questo che mi e' piaciuto di lui sin dall'inizio...
Ha un grande senso dello humour, e' intelligente e brillante anche nel suo lavoro, e' coscienzioso ma privo di spirito di competizione, il che e' un'ottima cosa. Gli e' indifferente essere ricco o guadagnare molto denaro, ha avuto molte possibilita' di intraprendere quella strada, ma le ha rifiutate.
Gli piace insegnare e guarire le persone... e anche dimenticare il lavoro quando torna da noi!
Ride e scherza, usciamo per vedere un film, o ballare in qualche locale notturno.
Per lui e' un modo di rilassarsi dopo le giornate dedicate alle malattie dei suoi pazienti.
Credo che se non facesse cosi', diventerebbe pazzo...
Il matrimonio deve essere una cosa soltanto, due persone che si amano a tal punto da decidere di stare insieme. Non importa se abbiano firmato o meno un pezzo di carta, questo contratto di amore e di rispetto e' sacro. Quindi, se una donna fallisce nel dare al marito quello a cui egli aspira, su vari piani, emotivo, sensuale, affettivo, non le resta che andarsene...".
E' felice, una nuova spensieratezza compare suo sguardo...
 

 

 
 
Dopo quattro mesi dal matrimonio, scopre di essere incinta.
Trascorre l'estate del '69 ritirata dal mondo, su un'isola del Mediterraneo, nella dimora per le vacanze della famiglia Dotti, e a settembre si rifugia in Svizzera, a La Paisible con Sean.
Andrea li raggiunge nei fine settimana, anche se spesso gli impegni di lavoro lo trattengono nella Capitale.
L'attenzione dei paparazzi comincia a concentrarsi su di lui, sul modo in cui trascorre le serate, su chi incontra, sui locali che frequenta, mentre la diva Audrey Hepburn e' lontana...
L'8 febbraio 1970, nasce a Losanna Luca Dotti.
 
 
 

 
Il padre e' orgoglioso nel proclamare che e' arrivato in casa un altro uomo, somigliantissimo a lui.
Mentre Audrey trascorre la convalescenza a La Paisible con Sean e Luca,
Andrea torna a tuffarsi nella brillante routine romana, lavorando di giorno e continuando a divertirsi di notte,  spesso in compagnia di donne attraenti. Colleghe, o vecchie pazienti, rassicura.
A maggio, Audrey ritorna a Roma con i figli, sempre meno diva e sempre piu' moglie e madre.
Raggiunge spesso Andrea per cenare in clinica quando lui deve lavorare fino a tardi.
" Potrebbe semplicemente essere una donna qualunque?", le chiede un giornalista, in una delle rarissime interviste che rilascia.
" Ma certo ".
" Per sempre? ".
" Perché non per sempre? Non ho assolutamente voglia di lavorare. E non vale la pena andare dallo psichiatra per scoprirne la ragione... ".
" Ma con tutto quel talento, quel dono di Dio? ".
" Non ho mai creduto in questo dono di Dio. Adoravo il mio lavoro, e l'ho fatto come meglio potevo. E questo e' tutto. Ho lavorato senza sosta da quando avevo dodici anni ai trentotto.
Certe cose che possono sembrare insignificanti, per me non lo sono. Fanno parte di un'esistenza sana e normale che non ho mai avuto.
Mi comporto come ogni donna dovrebbe fare, e non credo di togliere nulla agli altri...
Tornando a lavorare intensamente, ruberei qualcosa alla mia famiglia, a mio marito e ai miei figli, ruberei loro l'attenzione di cui hanno diritto.
L'ho sempre pensato, ma in precedenza non ho fatto nulla in questo senso.
Ora lo faccio...".
 
 

 
 
" Faceva tutto quello che fa una madre ", ha ricordato Sean. " Ci svegliava al mattino, ci portava a scuola, ci leggeva delle storie, ci accompagnava al cinema e a trovare gli amici ".
" I miei amici si stupivano di quanto fosse informale ", ricorda Luca.
" Si aspettavano qualcosa di strabiliante, e si trovavano di fronte soltanto una bella persona...".
 
Con Sean...


 
E con Luca...
 
 
Nel '74, Audrey ha raggiunto l'equilibrio che le era sempre mancato.
Smessi i panni della diva, la vita in famiglia e' quello che desidera.
Accantona le sceneggiature che continuano ad arrivarle, mettendole nel cassetto senza aprirle.
Dal '67 al '74 compare davanti alla macchina da presa soltanto una volta, per girare uno spot a Roma, guadagnando piu' di centomila dollari in mezza giornata di lavoro.
 
 
 
Ma se Audrey trova coinvolgente vivere una vita ordinaria, Andrea Dotti non e' della stessa opinione... Ha sposato una diva, e vederla trasformata in una donna normale, lontana dall'aura di  inarrivabile mistero che l'avvolgeva sugli schermi, spegne il fascino di quell'incontro, complice il mare, tra Efeso ed Atene...
 
 
 
" Eravamo compagni di gioco ", avrebbe detto Andrea, ricordando quella vacanza che li aveva fatti conoscere, " su una nave, tra amici, e piano piano la nostra relazione e' cresciuta, fino a diventare quello che e' ora".
 In realta', come ha raccontato un amico vicino alla coppia, " Ci mise del tempo a capire che Audrey non era la ragazza di Vacanze Romane, e quando se ne e' reso conto e' stato come risvegliarsi da un sogno meraviglioso.
Ma la realta' non bastava a sostituirlo...".
 

 
 
Piu' Audrey sente l'esigenza di vivere la quotidianita', piu' Andrea vuole condurre una vita brillante,  trascorrendo il tempo tra le soddisfazioni professionali e il divertimento indolente, che comincia ad infastidire la celebre consorte.
 
 
 
 
 
 
 
Stanca di essere esibita come trofeo, annoiata dalle serate mondane, preferisce stare con i figli, mentre Andrea viene fotografato in compagnia di giovani donne.
 
 
 
" Se perdessi Andrea a causa dell'infedelta' ", confida ad alcune amiche, " mi butterei dalla finestra".
" E io ti apriro' la finestra ", esclama una di loro, provocando una risata generale, per rompere la tensione che quella dichiarazione, fatta in tono categorico, ha fatto comparire sul suo volto.
Nonostante le dichiarazioni pubbliche di felicita' - " Temo di non avere piu' nulla da esprimere in un film, dato che sono molto soddisfatta a casa", aveva dichiarato nel '71- non e' un mistero che la reputazione da play boy del marito sia giunta da tempo al suo orecchio, cosi' come nessuno degli amici ignora quanto non le sia gradito il suo stile di vita.
" Andrea e' un estroverso, io piuttosto introversa. Ha bisogno di essere circondato da persone, di divertirsi, mentre io preferisco stare da sola, fare lunghe passeggiate con i miei cani, guardare gli alberi, i fiori, il cielo ".
 
  
 
Nel '75 Roma, come altre citta' europee, viene colpita da un'ondata di violenza e minaccia terroristica, Dotti viene sequestrato, e subito liberato da alcuni carabinieri nelle vicinanze, da un gruppo di banditi armati, Audrey riceve telefonate minatorie che annunciano un rapimento a scopo di estorsione. 
Come Sophia Loren e Carlo Conti, che avevano trasferito i figli a Parigi, Audrey decide di trasferirsi in Svizzera con i figli, mentre Andrea resta a Roma. 
Sean si iscrive ad un collegio svizzero, mentre Luca, che compie quattro anni, viene tenuto al sicuro dalla minaccia incombente degli anni di piombo, nella tranquilla vallata di Tolochenaz.
 
 
 
La Paisible torna ad essere la residenza principale di Audrey, e la distanza non fa che aggravare il dissidio tra lei e Andrea.
" Non e' la situazione ideale, abbiamo la sensazione di essere sempre in aeroporto e sugli aerei...".
 
 
 
Mentre agli inizi del '75 aveva escluso un imminente ritorno sulle scene, - " La gente mi chiede se non mi annoi a fare soltanto la moglie e la madre... la risposta e' no, per niente" - , lontana da Roma comincia a ripensare alla sua decisione, e quando il suo agente, Kurt Frings, le spedisce la sceneggiatura di The return of Robin e Marian, di James Goldman, non ha fretta di chiuderla nel cassetto...
Autore de Il leone d'inverno, incentrato sulla storia di Enrico II e di Eleonora d'Aquitania, Goldman aveva ideato la vicenda di un Robin Wood e una Lady Marian avanti negli anni, rievocando le avventure della loro brillante giovinezza. Tornato dalle crociate, Robin scopre che Marian e' diventata badessa di un convento della campagna inglese, mentre il perfido sceriffo di Nottingham continua ad imperversare nella foresta di Sherwood, in cerca di rivincita su Robin e i suoi compagni, Little Jhon, Fra Tuck e Will Scarlett.
La commovente ed eccitante sceneggiatura piacque ad Audrey, rivedendo sé stessa in quella donna che aveva rinunciato alla vita precedente per abbracciarne un'altra, e che scopre di desiderare ancora l'amore...
 

 
 
Diretto da Richard Lester e con Sean Connery come protagonista maschile, Robin e Marian sembra l'occasione ideale per un ritorno di stile, con una storia tra la commedia e l'azione, secondo il repertorio che aveva reso famosa Audrey Hepburn.
Girato in Spagna tra la fine di maggio e l'inizio di luglio, a fronte del compenso di un milione di dollari per trentasei giorni di lavoro, il film sembra ad Audrey un progetto non troppo impegnativo e di sicuro effetto.
 
 
 
Andrea la incoraggia a farlo, e con bambinaia, parrucchiere, truccatrice e assistente personale al seguito, accompagnata da Luca, Audrey parte per la Spagna con " il mal di pancia e le mani sudate, perché dopo tanti anni non sapevo cosa aspettarmi...".
" Per me e' sempre spaventoso cominciare un film ", confessa all'International Herald Tribune.
" Sono fondamentalmente introversa, ho sempre avuto difficolta' a fare le cose davanti alla gente, e non e' una cosa che torna spontaneamente, anche con la migliore sceneggiatura, migliori attori e miglior regista, si e' sempre soli...".
Le riprese nelle foreste della Navarra si rivelano piu' impegnative di quanto avesse immaginato... Lester e' un regista che sa quello che vuole. In un paio di ciak, ottiene la scena che ha in mente, senza indugiare in aspetti psicologici o romantici che, per quanto rilevanti nel dipanarsi della storia, non gli interessano.
Questo metodo infastidisce Audrey, abituata a girare molte volte la stessa scena, a discuterne con il regista, e a scegliere con l'operatore le inquadrature che la valorizzano. Questo approccio, basato sulla spontaneita' delle  riprese, non la rende sicura, considerandolo superficiale, approssimativo e fondamentalmente non rispettoso degli attori.
In una delle scene, in cui conduce un carro attraverso un fiumiciattolo, lei e altri tre attori vengono scaraventati in acqua da una mossa impaziente del cavallo.
Incredulo di fronte ad una scena non pianificata, il regista continua a girare, facendo improvvisare qualche battuta a Connery, sfruttando l'effetto comico involontario che una Audrey Hepburn in abito da suora completamente inzuppato scatena...
" Mi ero spaventata tantissimo anche se l'acqua non era molto profonda ", avrebbe ricordato, " con quei pesantissimi abiti che ci trascinavano giu', e' stato difficile uscirne ".
Il risentimento, non espresso a parole, traspare dai suoi atteggiamenti.
" Fin nel piu' piccolo dei dettagli, come doversi sedere su una sedia di alluminio presa dalla sua roulotte, anziché su una di quelle di tela, normalmente usate dalla produzione, con i suoi modi assai distinti la Hepburn faceva notare che era abituata a qualcosa di meglio ", raccontano le testimonianze della produzione.
Oltre a non sentirsi protetta, essere l'unica donna in un'allegra banda di uomini, non e' decisamente la situazione che preferisce.
" Sono l'unica bambola tra i compagni della foresta di Sherwood...".
 
 
Audrey sul set con Sean Connery e il regista Richard Lester
 
 
Ma e' Lester ad infastidirla maggiormente... Colpita da un attacco di raucedine, non puo' emettere che qualche rauco suono. Lester gira la scena ugualmente, rassicurandola sul fatto che tutto il film sarebbe stato doppiato.
Quando ascolta il sonoro originale, il regista trova incantevole la sua voce rauca, perfetta per quella scena, e non la doppia.
" Alcune scene di Audrey sono in effetti lievemente scure, in particolare quella intitolata  "Robin incontra la donna invisibile, "- ammette il regista - " ma la sua voce meravigliosa sapeva rendere tutta l'emozione... bastava intravederla...". Ma all'apprezzamento di Lester, non corrisponde un sentimento unanimemente  ricambiato da parte di Lady Marian.
" Audrey potrebbe andare d'accordo persino con Hitler ", commenta Richard Sheperd, già produttore di Colazione da Tiffany e ora di Robin e Marian, " ma Lester non e' sicuramente nel suo album di personaggi indimenticabili...".
 
 
 
" Non ho mai girato un film tanto in fretta e in questo modo, avrei voluto avere piu' tempo.
Sono sempre stata nervosa quando inizio un film. Corri un rischio tremendo ogni volta che lo fai.
Non sai cosa ne verra' fuori...".
" Forse non faro' mai piu' un altro film ", aveva detto con aria di quasi preveggenza, prima
di partire per la Navarra.
 
 
 
Ma a preoccuparla maggiormente, durante le riprese nella foresta di Sherwood, e' quanto accade sul fronte romano...
 
 
 
Mentre Audrey vola a Roma ogni volta che ha un week end libero, Andrea Dotti, secondo quanto riportato dallo stesso Richard Lester, si presenta sul set soltanto una volta.
I tabloid si scatenano nel sorprenderlo a fare quattro salti ora in questo, ora in quel locale, in compagnia di giovani donne piu' o meno note, tra cui spicca la ripetuta presenza di Florence Grinda.
Audrey non si lamenta, ma non puo' piu' ignorare uno stato di cose sotto gli occhi di tutti, e ritenuto normale nella cerchia degli amici romani della coppia, in cui e' consuetudine accettata che un marito si intrattenga con altre donne.
Costume a cui Audrey non si conformera' mai.
 
 
 
 
 
" Era radiosa ", ricorda un amico, " ma anche profondamente contrariata. Soltanto, non l'ha mai lasciato trasparire in pubblico...".
 
 
 
 
 
 
" Certo, non e' piacevole né per me né per Andrea quando vengono fuori queste immagini ", ammette in un'intervista, " abbiamo delle discussioni, esattamente come ogni coppia, ma dobbiamo affrontare e ignorare tutto nel modo migliore", aggiunge, nel tentativo di smussare la parziale ammissione.
" Il mio matrimonio e' fondamentalmente felice ", dichiara, lasciandosi sfuggire una riflessione, dopo aver riflettuto qualche istante, " non posso misurarlo in percentuale, perché e' impossibile farlo nelle relazioni...".
 " Non sono una ragazza di citta' ", dice ancora, cercando di trovare una giustificazione alle incomprensioni tra lei e Andrea Dotti, " e' questo il disaccordo fondamentale tra me e Andrea.
Il cemento mi stanca enormemente... ".
 

 
 
Ma ben altre sono le motivazioni di quello che alla fine degli anni '70, appare a tutti gli effetti come un fallimento.
Nonostante le indiscrezioni sui legami sentimentali del marito si susseguano con crescente insistenza, Audrey continua a raccontare ai giornalisti della vita di una coppia felicemente sposata, reprimendo i sentimenti contrastanti che questa situazione dolorosa inevitabilmente provoca.
 
 
 
 
 
Chiedera' il divorzio soltanto nel 1981, quando le infedelta' di Andrea diventano di pubblico dominio, e nella sua vita e' entrato Robert Wolders.
" Ho resistito in entrambi i matrimoni finche' ho potuto, per il bene dei figli ", ha raccontato lei stessa in un'intervista rilasciata ad una rivista britannica.
" Speri che se ami qualcuno abbastanza tutto andra' bene, ma non sempre e' vero...".
" Penso che sapesse fin dall'inizio chi fosse Andrea, ma spero' di poterlo cambiare, in un modo o nell'altro. E rimase molto delusa quando capi' di non potercela fare ", racconta Sean nel 2003, ad una trasmissione televisiva della CNN.
" Mia madre amò intensamente entrambi i mariti, di un amore assoluto, e tenne in piedi entrambi i matrimoni finche' pote'.
Quel che non fece, fu alzare la voce e farsi ascoltare quando ne aveva bisogno, e mettere i giusti limiti. Stanca di una madre autoritaria, desiderava un mondo in cui amore e affetto fluissero liberamente ".
" Il mio patrigno era uno psichiatra brillante e spiritoso... ma anche un cane da caccia.
Non sapeva proprio essere fedele. Non e' un buon partito, se quello che cerchi e' la sicurezza ".
Come dovette riconoscere la stessa Audrey, " Dotti non fu un passo avanti a Ferrer...".
" Audrey fu molto umiliata dal suo comportamento ", ha ricordato Robert Wolders.
"  Fu particolarmente doloroso per lei veder fallire anche il secondo matrimonio ".
" Non ero un angelo ", avrebbe ammesso Andrea Dotti. " I mariti italiani non sono famosi
per la loro fedeltà ".
 
 
 
Cercando il piu' possibile di salvare le apparenze, quando concede interviste riceve i giornalisti a casa di amici, non nell'appartamento in cui vivono lei e Dotti.
A casa di Arabella Ungaro, rilascia un'intervista durante la promozione di Robin e Marian.
" Non esce un goccio d'acqua dai rubinetti di casa mia, oggi. Da giugno a novembre non c'e' stata acqua calda, ho dovuto lavarmi nello studio di mio marito. Potete scrivere che sono andata in Spagna l'estate scorsa a girare Robin e Marian per potermi fare un bagno!".
Ma dietro l'apparente serenita', il suo stato psicologico e' di forte prostrazione.
Nel '76, quando parte per gli Stati Uniti per il tour promozionale del film di Lester, Andrea l'accompagna.
 

 
 
A New York, dove l'attende un'intervista con Barbara Walters per Today, annulla l'impegno perché non le viene garantito che non le verranno rivolte domande sulla vita privata, e non conosce bene la conduttrice.
Durante una colazione con la stampa, appare in preda all'ansia. " Le tremavano le mani, e fumava in continuazione, senza sosta ", avrebbe annotato uno dei cronisti.
Dopo New York, e' la volta di Los Angeles, in cui Audrey presenzia alla cerimonia della consegna degli Oscar. Nonostante lo sforzo di mostrarsi disinvolta, agli osservatori esterni traspare il suo profondo malessere.
" Sullo schermo era tutta serena eleganza ", osserva lo stesso cronista, " ma dietro le quinte era talmente nervosa che perse la borsetta e si rifiuto' di passare in sala stampa dopo la trasmissione ".
Partecipa con slancio soltanto al tributo alla carriera dell'American Film Institute per il regista William Wyler.
Parlando dei registi che l'hanno resa una stella, Wyler, Wilder, Cukor, Donen e Zinnemann,
ricorda con commozione di essere diventata celebre grazie a loro.
" Non sto' cercando di essere modesta, ma sono un loro prodotto.
Non sono Laurence Olivier, non sono un talento.
In verita', sono alquanto inibita e trovo difficile fare le cose davanti ad altre persone.
Quel che hanno avuto in comune i miei registi, e' stato di avermi fatto sentire sicura, amata.
Dipendo moltissimo da loro.
Ero una ballerina, e sono riusciti a fare di me un'attrice che piaceva al pubblico ".
 
 
 
Nella primavera del '78, la sua vita con Andrea Dotti, di fatto, volge al termine.
Dopo aver scoperto che gli incontri del marito con le sue giovani amanti avevano avuto luogo nel loro appartamento, Audrey decide di lasciare quella che era stata la loro casa, per prenderne una piu' picola soltanto per sé e Luca, con un piccolo giardino " che amava ", ricorda Sean, " dove coltivava le piante per portarne i fiori in casa ".
 
 
 
 
" Quello fu il fallimento piu' grande di tutta la sua vita ", ha ricordato Robert Wolders.
Non essendo riuscita a cambiare il marito, incolpo' se' stessa, acquendo lo stat depressivo in cui si trovava.
Per la prima volta, penso' al suicidio.
Per reagire  ad una depressione da cui non sarebbe altrimenti uscita, e per motivi di natura economica, - per quanto residente in Svizzera dal 1955, quindi fiscalmente tutelata, e dallo stile notoriamente frugale rispetto ai suoi colleghi, il tenore di vita elevato a cui era abituata e il mantenimento delle dimore di Roma e Tolochenaz, richiedevano entrate cospicue - , accetto' di girare Bloodline, con un ingaggio da un milione di dollari e una percentuale sugli incassi.
Regista, il suo vecchio amico Terence Young.
" Audrey ha detto subito di no, categoricamente. Non voleva piu' fare film. Ho passato due settimane a convincerla che poteva farlo, ad accettare l'idea che poteva farne ancora uno ", ha raccontato Terence Young. " Poi, e' stato necessario convincerla a leggere la sceneggiatura. Infine, ha dovuto essere certa che la vita di Luca non sarebbe stata turbata se avesse ripreso il lavoro.
E' un'ottima madre ".
" Ho aspettato di vedere il piano di lavorazione prima di accettare.
Non credo che si possa partire lasciare un bambino per due mesi.
Erano quattro settimane a Monaco, ma non ero angosciata, ero ad un'ora soltanto di aereo ".
Tratto da un romanzo best seller di Sidney Sheldon, Bloodline si incentra su una serie di misteriosi omicidi che circondano una giovane ereditiera, erede di un'impero farmaceutico, minacciata di morte da piu' persone, ognuna per un diverso motivo.
Riscritto appositamente per Audrey, il ruolo della protagonista e' impersonato nel romanzo da una ragazza di ventitre' anni, mentre la vicenda cinematografica ruota intorno ad una donna adulta, piu' giovane di Audrey, che a quarantanove anni veste i panni di un'eroina di trentacinque alle prese con  banda di criminali, in un gioco di specchi in cui nessuno e' quello che sembra...
" Aveva una qualita' che nessun'altra attrice possiede.
Era la curiosa mescolanza di una signora e un demonio.
Fu un piacere lavorare con lei.
Un enorme talento e nessuna presunzione... ".
Queste le parole di Sidney Sheldon, nel descrivere una magnetica Audrey Hepburn nei panni dell'affascinante Elizabeth Roffe...
Ma il fascino e il talento non salvano le sorti di un film nato sotto pessimi auspici.
Girato tra novembre '78 e febbraio '79, per tre settimane consecutive di riprese alla volta, da
New York a Parigi, da Roma alla Sardegna,        
         Bloodline si basa su
 
 
 
un copione descritto come dispersivo, farraginoso, non convincente, e una produzione alquanto complessa.
Beatrice Straight, una delle protagoniste al fianco di Audrey, ricorda il clima di lassismo generalizzato che si era instaurato sul set durante le riprese in esterni tra la Sicilia e la Sardegna.
" Irene Papas ripeteva di continuo di aver dimenticato come si facesse a recitare, James Mason andava borbottando che non avrebbe piu' fatto un film se non prodotto e diretto da lui, Audrey era arrivata accompagnata da una guardia del corpo, ma a conti fatti avrebbe preferito essere rapita dalla mafia piuttosto che finire quel film...".
 
 
 
Costantemente in ansia, Audrey si rilasso' soltanto durante le riprese a New York, in cui poteva poteva passeggiare a Manhattan all'ora di punta senza essere notata.
" Ho sempre tenuto alla mia vita privata, e a New York posso fare lunghe passeggiate, come
Greta Garbo, e nessuno interrompe i miei pensieri e la mia tranquillita'.
L'altro giorno stavo passeggiando sulla Fifth Avenue, e ho visto una donna che poteva essere Greta Garbo. Sono stata tentata di avvicinarmi, poi ho pensato " Dio mio, predica con l'esempio! Se e' lei, la costringi a quello che tu stessa non gradisci ! ".
 
 
 
Sul set newyorkese, conosce un altro dei suoi partner nel film, Ben Gazzara.
Siciliano di origine, cresciuto sulle strade del Lower East Side, Gazzara e' un miscuglio di fascino e virilita', da cui si sente fatalmente attratta. Si erano conosciuti quando entrambi non avevano che una ventina d'anni, e rivedendolo sul set del thriller di Sidney Sheldon, Audrey lo trova " ancora piu' bello...".
Secondo Gazzara, qualcosa era scattato tra loro fin dal primo incontro, ma e' durante le riprese in un angolo incantato della Sardegna che esplode la passione, proseguita durante la lavorazione a Parigi, all'hotel Crillon.
A Monaco, Audrey confido' a Ben di essere rimasta sconvolta dalle tresche del marito, al punto di aver meditato seriamente sul suicidio.
 
 
 
" Non ci scambiammo alcuna promessa ", ha ricordato Ben, che si allontano' da Audrey dopo la fine delle riprese, all'inizio del 1979.
 Quando comincio' a lavorare di nuovo all'estero,  in Corea, la dissuase dal raggiungerlo, essendosi nel frattempo coinvolto con la fotografa tedesca Elke Stuckmann, che sarebbe diventata la sua terza moglie.  
Non ci furono contatti tra loro fino alla fine dello stesso anno, quando Audrey, sapendo che Ben si trovava a Roma, lo chiamo' in albergo.
" Voglio vederti ".
Gazzara si sottrasse, dicendo di essere occupato. Quando la richiamo' per spiegarsi, Audrey
" rispose, ma non disse niente. Passo' un tempo lunghissimo senza che nessuno dei due dicesse niente. Non disse il mio nome.
Sussurrò " Addio " .
 
 
 
" E' ovvio che non ero innamorato", avrebbe ammesso Ben Gazzara successivamente, " e non seppi quanto lo fosse lei finche' non ci lasciammo. Lo disse ad altri, ma non a me, che le avevo infranto il cuore. Era cosi' gentile e dolce. E io le feci del male..." .
Dopo la rottura con Gazzara, alla fine delle riprese di Bloodline, Audrey aveva tentato di ricomporre l'unione con il marito, trascorrendo una seconda luna di miele alle Hawaii.
Ma la frattura tra loro era ormai insuperabile, tanto che il divorzio parve l'unica soluzione.
Nel frattempo, il regista Peter Bogdanovich, salutato come l'astro nascente di Hollywood, dopo aver firmato suggestive pellicole in bianco e nero, e l'irresistibile commedia Ma papa' ti manda sola?,
con Barbra Streisand e Ryan O'Neal, contatto' sia Audrey che Ben Gazzara per il film che sta' progettando, They all laughed, commedia romantica girata tra aprile e maggio 1980, in cui Audrey e' una donna sola, moglie di un uomo d'affari europeo, possessivo ed infedele, che vive una storia d'amore sullo sfondo di una New York affascinante e malinconica...
 
 
 
" Tutto quello che penso di Audrey, lo si puo' riferire al personaggio ", rivela Bogdanovich, che ha scritto la parte esclusivamente per lei, " una donna spiritosa, fragile e forte al tempo stesso ".
Secondo Gazzara, il personaggio di Audrey fu scritto dal regista ispirandosi alle rivelazioni sull'inebriante rapporto che lui e Audrey avevano vissuto durante le riprese di Bloodline.
La sua vita reale divenne l'ispirazione per il personaggio creato per lei, una donna dedita al figlio, vittima di un marito egoista ed infedele, che ritorna a vivere grazie ad un'intensa storia d'amore...
Audrey accetta quel ruolo, forse nella speranza di riprendere la relazione con Ben, forse per riempire il vuoto che l'attanaglia.
" Era un periodo strano per me ", avrebbe ricordato, " non sapevo quello che volevo, ma sentivo la necessita' di fare qualcosa, altrimenti avrei potuto anche essere morta. Faticavo ad interessarmi
di qualunque cosa.
L'apparenza poteva illudere,
ma all'interno c'era il vuoto...".
 
 
 
" Sapeva utilizzare tutto quello che aveva nella parte piu' profonda di sé stessa ", ricordo' Bogdanovich, " era un meccanismo straordinario. Mancava terribilmente di autostima.
Ed era profondamente ferita. Sopravviveva, ma dolorosamente.
Audrey emanava un'impressione di gioia smarrita, che non sarebbe riuscita a ritrovare del tutto.
Avevo la sensazione che la colpa fosse tutta di quei tizi con cui aveva avuto a che fare.
Avevo l'impressione che quello sarebbe stato il suo ultimo film.
E' per questo che ho finito con un montaggio di sue immagini.
Ai miei occhi era un addio ad Audrey Hepburn.
Nel momento in cui spariva a bordo dell'elicottero, mi sono detto " Il mondo la porta via ".
Avevo la netta sensazione che non provasse piu' piacere a fare del cinema.
Non si divertiva piu'.
Non ci vedeva piu' qualcosa di importante ".
 
 
 
All'inizio dell'80, dopo un incontro con Ben prima dell'inizio delle riprese, Audrey capi' che la loro relazione era ormai esaurita.
In un primo tempo penso' di ritirarsi dal progetto, ma nel frattempo accadde qualcosa che avrebbe cambiato profondamente la sua vita...
" Invecchiare non mi spaventa, la solitudine sì ", aveva detto in un'intervista nell'autunno del '79, dopo aver compiuto cinquant'anni, quando Gazzara non aveva corrisposto il suo amore, e il matrimonio con Dotti era giunto inevitabilmente a conclusione.
 
Audrey immortalata nel suo appartamento ai Parioli da Elisabetta Catalano
 

 
 
 
 
Ad una cena organizzata da Connie Wald, moglie di un produttore di Hollywood, conosce
Robert Wolders.
Affascinante, distinto, sensibile, Robert ha un animo completamente opposto a quello degli uomini che l'avevano attratta fino ad allora.
Anche se la scintilla scocca immediata, ci vorra' molto tempo perché tra loro sbocci un vero amore.
" Ero affascinata da lui, ma sembro' non notarlo ", avrebbe ricordato Audrey del primo incontro.
" Mi ha sempre affascinato, e l'ho amata sin dal primo momento ", le fa eco Wolders.
" Sapevo che aveva rinunciato all'amore, e che sarebbe stato necessario del tempo.
Non avevo fretta ".
Nato a Rotterdam il 28 settembre 1936, Robert Wolders e' l'incarnazione dell'uomo che Audrey ha sempre cercato.
Il loro incontro, e' quello di due anime profondamente simili, entrambe ferite.
 

 
 
" Poco a poco, ho cominciato a contare su di lui. Si è reso indispensabile come amico e confidente.
Se stava qualche giorno senza chiamarmi, cominciava a mancarmi.
Mi stavo innamorando di lui. Sono stata molto sorpresa, pensavo che questo aspetto della mia vita fosse concluso, che non avrei piu' conosciuto l'amore che sognavo da ragazzina.
Ma quando non lo aspetti piu'...
Ci ho messo molto tempo a incontrarlo.
Meglio tardi che mai...".
 


 
 
 
" Eravamo entrambi molto infelici quando ci siamo incontrati, lui stava superando la scomparsa di Merle Oberon, e io mi trovavo in uno dei momenti peggiori della mia vita, il momento piu' difficile del divorzio ".
" Audrey sentiva che avevo bisogno di una donna nella mia vita ", ha ricordato Robert, che all'epoca del loro incontro era rimasto vedovo dopo la scomparsa di Merle Oberon, nota attrice di venticinque anni piu' anziana di lui, conosciuta dopo aver girato alcuni programmi televisivi, e sposata nel '75.
" All'inizio provava soltanto amicizia, l'idea di coinvolgersi non la sfiorava, ha pensato di poter trovare una compagna per me, ecco la prova che tra noi in quel periodo l'amore ancora non c'era! ".
Nella primavera del 1980, Audrey e' a New York sul set per la produzione di They all laughed, mentre Robert e' a Los Angeles. Lei gli telefona.
" Basta. Devo andare a New York ", pensa Robert tra sé.
" Dovevamo essere molto prudenti. Lei era ancora sposata, benche' infelicemente, con Andrea Dotti.
Alla fine, capimmo che l'unica cosa da fare era che io mi trasferissi in Europa ".
Nella primavera del 1981, il loro legame non puo' piu' essere tenuto segreto.
 
 
 
 
Vivono insieme nella casa di Audrey a Roma, si occupano del giardino, leggono ad alta voce l'uno per l'altra, rallegrandosi della fortuna di essersi incontrati.
A cinquantadue anni, Audrey sente finalmente di rivivere...
 
 
 
" Si', e' vero amore, lo amo e sono felice ", dichiara Audrey, vincendo il pudore abituale.
" Mi sento come se fossimo sposati. Rob e' il mio uomo.
Mi risposero' non appena potro' liberarmi dal mio attuale matrimonio, e per me non sara' mai troppo presto...", ammette.
 
 
 
Negli ambienti romani, i pettegolezzi sulla storia d'amore the Audrey Hepburn e l'affascinante Robert Wolders, di sette anni piu' giovane di lei, si rincorrono.
" Audrey non si risposerà ", assicura una parente di Dotti, " il figlio Luca ha troppo bisogno di entrambi i genitori ".
" Bob Wolders è venuto recentemente a Roma per cercare una casa da condividere con Audrey. Non mi stupirebbe se si sposassero ", è l'opinione di un'amica e consolatrice di Andrea Dotti. " Se vuole il divorzio, l'otterrà. Lei e Andrea non si capiscono. E' una puritana afflitta da una morale angusta. Non ha mai sopportato i compromessi ".
" Bravi! le mie felicitazioni. Tutto ciò che posso augurare è che la cosa funzioni ", sembra prenderla con filosofia il diretto interessato, Andrea Dotti, legato ad un'attrice di fotoromanzi.
Il divorzio tra Dotti e Audrey diventa ufficiale soltanto nell'82.
" Era troppo buona per Andrea ", avrebbe detto David Niven, amico di Audrey dai tempi di Sabrina.
" Si approfittava di lei in modo incredibile ".
" Ho disperatamente cercato di evitare il divorzio ", ammette lei stessa in un'intervista del 1981.
" Mi sono aggrappata al matrimonio con tutte le mie forze. Speravo che tutto finisse per sistemarsi ".
" Mio marito ed io avevamo quello che puo' definirsi un compromesso fondato sulla tolleranza.
E' inevitabile quando l'uomo e' piu' giovane. Volevo che i rapporti durassero. Non soltanto per me, ma per Luca ".
L'ingresso di Robert nella sua vita la spinge a compiere il passo decisivo.
" Nel suo cuore, Audrey ha la sensazione che sia l'ultima possibilita' di essere felice ", rivela un amico, parlando di Rob come della sua salvezza. " E' un uomo sincero, devoto, fedele, che non l'abbandonera' ".
 " Amo molto Robbie, molto... E' meraviglioso ", confida infine Audrey stessa.
" Ci stimiamo. E' solido in ogni campo. Posso contare su di lui. Ho fiducia nel suo amore.
Non temo mai di essere sul punto di perderlo.
Mi da' sicurezza ".
 
 
 
E' grazie a Robert Wolders che supera, nel 1984, la scomparsa della baronessa Van Heemstra.
 " Ero affezionatissima a mia madre. E' stata la mia salvezza. La sua intelligenza e il suo coraggio mi hanno permesso di sopravvivere. La idolatravo. Non era una persona che ostentasse i suoi sentimenti. Spesso l'ho considerata fredda, distante, ma mi amava con tutto il cuore e l'ho sempre saputo. Era stata annichilita dall'abbandono di mio padre, forse ancor piu' di me, ma se lo era tenuto dentro, per darmi un esempio di forza. Viveva a Tolochenaz da dieci anni. Ero perduta senza di lei.
Era il mio diapason, la mia coscienza. Senza Robbie, ne sono certa, non avrei superato la sua morte.
Ma lui c'era ".
 
 
 
Audrey e Robert si stabiliscono a vivere definitivamente con Sean e Luca a La Paisible, che non e' mai stata cosi' placida, come recita il suo nome, fino a quel momento.
 
 
 
Audrey con Sean e Luca fotografati da Robert Wolders

A La Paisible con Penny...
 
 
" Adoro questo luogo, adoro la nostra piccola citta' ", confida in un'intervista a Vanity Fair.
" Amo andare al mercato due volte alla settimana. E io e Robbie siamo pazzi dei nostri cani ".
Agli occhi di tutti, la sua felicita' e' completa.
" Si dice che la felicita' sia fatta di buona salute e cattiva memoria. Per fortuna dispongo abbondantemente dell'una e dell'altra...".
Agli amici che fanno visita nella loro casa, salta agli occhi la tenerezza che si respira negli sguardi tra Audrey e Rob.
 


 
 
 
Quando non sono a Parigi, Roma, New York , Los Angeles, per una premiazione o un evento speciale, - tra il 1968 e il '92 Audrey riceve diciannove tra tributi e premi, cinque dei quali per il suo impegno umanitario a favore di Unicef - conducono una vita semplice e armoniosa.
Audrey si alza alle sei e prepara la colazione per i quattro jack russel che vivono con loro.
Ama le ore del mattino a Tolochenaz, quando il paese e' ancora addormentato, e adora il paesaggio svizzero che circonda la casa.
" Abbiamo le Alpi davanti a noi, e il Giura dietro. Quando brilla il sole o cade la neve dalle cime, non so dirvi quanto sia bello. La sera, ci sentiamo veramente a casa.
Non mi piace il vino, ma gradisco un piccolo scotch prima di cena. 
Abbiamo un televisore in camera da letto e dopo cena ci raggomitoliamo per guardare una trasmissione, un video o anche per leggere. Mi addormento prima delle undici ".
 
 
 
" Si', mi sono battuta ", dira' anni dopo. " Si', ho sopportato dispiaceri. Si', ho avuto dei problemi.
Come tutti. Né piu' né meno.
Ma so, da quando ero molto piccola, di avere sopra la testa una specie di stella.
Mi ha salvato sempre. Anche nei momenti piu' difficili, e' come se la vita mi facesse una strizzatina d'occhio...".
 

 
 
Dopo l'happy ending delle vacanze romane, e il ritiro nell'elegiaco universo de La Paisible, lavora alla pubblicazione di Gardens of the world, presentato nel negozio di Ralph Lauren a New York, tra la settantaduesima e Madison Avenue.
 
 
Audrey con Ralph Lauren
 
 
L'afflusso di fans e' tale che le code arrivano fino a Park Avenue, tanto che e' costretta ad uscire da una porta posteriore per evitare la ressa di spettatori ansiosi di vederla.
" Mi stupisce essere riconosciuta per strada, mi stupisce l'eccitazione delle persone.
Mi stupisce tutto. Non mi sono mai sentita talentuosa, o bella, o chissà cosa. Mi sono trovata per caso in questa carriera. Ero sconosciuta, inesperta, magrolina.
Il merito che mi attribuisco e' di aver lavorato molto duramente, ma non arrivo a capire questo amore. Nello stesso tempo, mi commuove profondamente... ".
 
 
 
Nel 1986 gira l'unico film televisivo della sua carriera, Love among thieves, commedia poliziesca in cui interpreta una celebre ed aristocratica pianista, inseguita da un libertino mercante di quadri fino ai confini del Messico, dopo aver rubato la collezione di uova Faberge' come riscatto per il fidanzato rapito... Accanto a lei, nei panni del mercante che si finge poliziotto e mastica il sigaro, una star della televisione, Robert Wagner, marito della sfortunata Nathalie Wood.      
      
 
 
 
 
Quando gli attori si riuniscono a Los Angeles a casa di Wagner per provare le scene, Audrey sussurra al regista Roger Young " Roger , mi devi aiutare... RJ , soprannome di Robert Wagner, e' una grande stella della televisione, non posso deluderlo...".
Qualche ora piu' tardi, RJ si avvicina a Young. " Roger, mi devi aiutare...  quella è Audrey Hepburn, una grande stella del cinema, non posso deluderla...".
Anche se il film non si rivela un successo, il rapporto tra Audrey e Wagner si cementa dopo l'incontro su quel rocambolesco ed improbabile set.
" Ci conoscevamo da quando eravamo entrambi due giovani e sconosciuti attori della Paramount ", ha ricordato Wagner, rivivendo i momenti vissuti a La Paisible con lei e Robert.
" Alzava lo standard per tutti. Non soltanto era una persona magnifica sul lavoro, la sua gentilezza era straordinaria, con tutte le persone coinvolte nella produzione.  
Fu molto buona aiutando Capucine nei momenti difficili.
Tutto quello che c'era di buono in lei, si rifletteva in quello che la circondava. La casa, l'arte, i fiori.
Sono stato molto fortunato a godere della sua amicizia..." .
 
 
 
Tra i tanti che frequentano quel luogo incantato e pieno di pace, anche David Niven, scomparso nel 1983, dopo aver vissuto per venticinque anni a Château d'Oex, e Doris Brynner, moglie di Yul fino al 1969, che abita vicino ad Audrey a Tolochenaz.
 


 
 
" Ci vedevamo tutti i giorni. Avevamo progettato di far installare una linea telefonica diretta tra le nostre abitazioni. Siamo diventate subito buone amiche. Nulla accadeva nella mia vita senza che lei lo sapesse, o nella sua senza che io ne fossi al corrente. Amiche del cuore.
Accade una volta nella vita.
Audrey aveva una dote straordinaria.
Si interessava veramente delle persone e sapeva ascoltare.
Non e' il caso della maggior parte della gente...".
 
 
 
Nel 1989, compare nel film Always di Steven Spielberg nel ruolo di un angelo, Hap, che spinge il pilota Richard Dreyfuss, scomparso in un incidente aereo, a tornare alla vita terrena per aiutare gli altri. " Tu hai avuto la tua vita, buona o cattiva, e tutto quello che farai per te stesso, sara' soltanto una dispersione di spirito ".
 
 
 
Quel piccolo ruolo risveglia in modo inatteso il suo amore per il cinema.
" Recitare mi ha fatto soffrire, anche se adoravo fare films.
Rimpiangerei quel periodo della mia vita soltanto se avessi rinunciato alla mia vitalita' ".
Anche se e' nell'autunno della vita, in lei e' sbocciata una nuova primavera...
" Credo che tutti raggiungano un punto in cui vogliono scoprire chi sono
e qual è il senso della loro vita.
Dare è vivere. Se smetti di voler dare, non c'e' un altro motivo per vivere... ".
 

Audrey by Steven Meysel for Vanity Fair, 1991
 
Continua nella terza parte...